domenica, 3 Novembre 2024

Il “New Deal” per rilanciare l’automotive italiano

DiEdoardo Lisi

15 Marzo 2024
Sommario
automotive

Non sono ancora partiti ma già sono nell’occhio del ciclone. Stiamo parlando degli incentivi all’acquisto di auto sostenibili annunciati dal Governo. Il nuovo piano, che partirà a fine mese, ha già scatenato polemiche che suggeriscono domande centrali per il futuro dell’automotive. Dove vanno queste risorse? Gli incentivi all’acquisto sono il modo migliore per risollevare la produzione italiana, stagnante da decine di anni? E soprattutto, quale ruolo avrà Stellantis, il maggiore produttore nazionale, nella strategia futura?

Il futuro dell’automotive italiano

Una prima risposta arriva dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha affermato che il piano di incentivi per l’automotive ha per obiettivo un cambio di rotta rispetto agli ultimi anni. Con una sottolineatura importante, ha poi chiarito che non si possono spendere fondi pubblici per incentivare vetture prodotte all’Estero e importate nel nostro Paese. In altre parole, i soldi dovranno spingere le vendite e la produzione di vetture realizzate in Italia, ferme ad appena 450.000 unità nel 2022, meno di un terzo rispetto alle immatricolazioni nazionali (1 milione e 400 mila).

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Se non succederà, dal prossimo anno le nuove risorse del Fondo automotive saranno destinate esclusivamente al sostegno della filiera italiana e al supporto alla realizzazione di nuovi stabilimenti produttivi nel nostro Paese. A beneficiarne saranno non sono le case automobilistiche italiane, ma anche le imprese straniere che manifesteranno la volontà di spostare la produzione in Italia. Non possono sorridere invece i cittadini, che potrebbero non ricevere più agevolazioni sull’acquisto di automobili Green. Ma andiamo per gradi.

Gli incentivi per l’automotive

Il fondo stanziato dal Governo italiano ammonta complessivamente a circa 1 miliardo di euro. I 950 milioni di euro tecnicamente disponibili per l’Ecobonus 2024 saranno divisi in 793 milioni per le automobili, 53 milioni per i veicoli commerciali leggeri, 35 milioni per i mezzi a due ruote, 50 milioni per il noleggio a lungo termine e 20 milioni per l’usato auto. La maggiore novità rispetto allo scorso anno riguarda la ripartizione dei fondi tra le differenti fonti di alimentazione. Infatti, la gran parte della dotazione finanzierà l’acquisto di automobili full hybrid, mild hybrid e a benzina o GPL a basso consumo.

In altre parole, la fetta più cospicua andrà a vetture che emettono tra 61 e 135 grammi di inquinanti per chilometro (g/km), contro gli 0-20 g/km delle full electric e i 21-60 g/km delle ibride plug-in. Queste categorie potranno contare su 150 milioni di euro, 95 in meno rispetto all’ultima tornata di incentivi. Le automobili elettriche, invece, guadagneranno solo 35 milioni di euro in più rispetto al 2023. Inoltre, gli aiuti saranno erogati solamente se il costo della vettura è pari o inferiore a 35.000 euro. Numeri alla mano, il Governo destinerà la maggior parte dei fondi all’acquisto dei modelli che gli italiani prediligono. Soldi che verranno erogati sulla base di diversi criteri, quali l’ISEE e il modello dell’auto rottamata. Una mossa che mira a invertire il trend rispetto agli anni passati, quando molte risorse sono state inutilizzate.

Gli incentivi basteranno?

Gli incentivi messi in campo negli ultimi quattro anni avevano abbastanza risorse, il problema è che sovvenzionavano modelli che non attiravano molto gli italiani. È quanto emerge dal paper L’industria automobilistica: quando la fornitura regolamentata non soddisfa la domanda. Il caso dell’Italia. Una tesi che trova fondamento nel fatto che gran parte delle risorse messe in campo dai Governi che si sono susseguiti negli ultimi quattro anni siano andate sprecate.

Il Fondo Ecobonus nel 2020 e 2022 ha lasciato diversi milioni inutilizzati. Lo stesso destino è toccato al Fondo per l’acquisto di automobili elettriche e ibride plug-in. In effetti, il 60% dei 445 milioni di euro previsti sono rimasti nelle casse statali.

incentivi auto

«Il problema sembra trovarsi non nella quantità dello sconto statale, ma piuttosto nel prodotto cui è destinato. I miliardi forniti negli ultimi quattro anni per i bonus e gli extra bonus non sono stati sufficienti per invertire il calo delle immatricolazioni di autovetture», scrivono Antonio Sileo e Monica Bonacina di Fondazione ENI Enrico Mattei.

Il risultato è che nel 2022 il parco auto italiano ha superato i 40 milioni di unità, ma le immatricolazioni sono crollate. Per le registrazioni di nuove auto è stato il secondo peggior valore di sempre. Un trend in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea (Francia -7,8%, Spagna -5,4%), ma comunque preoccupante. Nell’ultimo anno il Mercato ha iniziato una lenta ripresa, ma i livelli pre-pandemici sono ancora lontani.

Il Mercato

A gennaio 2024 le immatricolazioni sono aumentate del 10,6% rispetto allo stesso mese del 2023, arrivando a 128.259 unità. Le fonti di alimentazione alternative hanno superato le endotermiche, anche se le elettriche confermano il momento negativo (Fonte: ANFIA). Fiat conferma il primo posto nelle vendite nazionali, con 15.893 unità, davanti a Dacia (10.316) e Toyota (10.084). Tuttavia, la 500-e ha fatto registrare numeri più bassi rispetto alle aspettative negli ultimi mesi. Una cattiva notizia, perché le case produttrici negli ultimi anni hanno progettato più modelli elettrificati e meno endotermici. Infatti, nel 2022 l’offerta di veicoli a diesel e benzina è scesa del 17%. Di conseguenza, si è ridotta anche la scelta per i consumatori e il prezzo medio è salito.

Allo stesso tempo, il numero di modelli ibridi è aumentato del 17%, così come la disponibilità di elettrici e plug-in (24%). Tuttavia, la domanda di automobili a batteria stenta ancora. Infatti, ha superato la soglia del 5% solo nel 2022. A questo ritmo, serviranno circa 30 anni per sostituire il parco veicoli nazionale con vetture elettrificate. Infatti, le innovazioni sul lato dell’offerta non sono ancora sufficienti a modificare le abitudini di acquisto. Lo dimostra il fatto che dal 2016 al 2022 sono state vendute poche auto, ancora meno se Green. Il risultato è che attualmente la domanda di veicoli a zero emissioni di scarico, in particolare elettrici, non risulta in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea.

automotive elettrico

Non vendiamo abbastanza vetture a batteria da poterci concentrare esclusivamente sull’energia elettrica, secondo i ricercatori di Fondazione ENI. Un aiuto potrebbe arrivare dal Bonus colonnine elettriche, che copre l’80% delle spese per le infrastrutture fino a 1.500 euro per le persone fisiche e a 8.000 euro per i condomini. Inoltre, non stiamo sostituendo un numero sufficiente di autoveicoli per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, concentrandoci solo sugli acquisti di auto nuove. Servono strategie alternative. A tal proposito, il Governo italiano ha istituito un Tavolo sull’Automotive per il rilancio del settore.

Automotive, il ruolo di Stellantis

Uno degli attori principali di questo piano è il gruppo Stellantis, a cui si chiede di aumentare la produzione annuale in Italia dalle 750.000 unità del 2023 fino a 1 milione. Un obiettivo possibile forse anche prima del 2030, secondo il CEO del gruppo, Carlos Tavares. Tuttavia, la volatilità che contraddistingue questi anni non permette al gruppo di prendere impegni aggiuntivi, secondo l’amministratore delegato. Oggi l’orizzonte temporale più a lungo termine a cui guardare sarebbe di 2-3 anni.

In compenso, gli operai delle fabbriche italiane potrebbero finalmente tornare a condizioni di lavoro normali, dopo cassintegrazioni e contratti di solidarietà. Infatti, nel corso della presentazione dei risultati annuali del gruppo Tavares ha sottolineato che l’obiettivo di 1 milione di auto prodotte non potrà essere raggiunto senza il contributo di tutte le fabbriche nazionali. Anche gli incentivi messi in campo dal Governo svolgeranno un ruolo centrale nel potenziale successo della casa, secondo l’AD.

«Siamo anche molto grati al governo di avere finalmente dato un segnale preciso con lo schema dei nuovi incentivi, che permetteranno, tra l’altro, di rilanciare la Fiat 500 elettrica: la differenza tra averli e non averli si misura in circa 20 mila unità all’anno», ha detto Tavares, precisando che «quando prendo le decisioni le adotto solo nell’interesse di Stellantis».

I numeri di Stellantis

Gli ultimi dati economici fanno ben sperare per il gruppo. L’anno scorso la produzione di vetture della casa automobilistica è aumentata del 10%, mentre il 63% dell’output è stato destinato alle esportazioni.

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Anche il 2024 si è aperto in crescita, con oltre 49mila vetture immatricolate a gennaio, +13,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. La quota complessiva di Mercato è aumentata dello 0,8% rispetto a gennaio 2023. Fiat si è guadagnata il titolo di marchio leader nelle vendite delle vetture nel mese di gennaio, con 16.000 immatricolazioni e una quota di Mercato dell’11,2%. Il modello più venduto è stato la Panda Hybrid (11mila unità). Performance particolarmente positiva per il canale privato, che ha registrato una crescita del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+22%). La classifica dei modelli che hanno visto un incremento maggiore delle vendite vede Stelvio al primo posto (+15%), seguita da Giulia (26%) e Tonale (+41%). La Citroen C3 (sempre prodotta da Stellantis) è stata invece la terza vettura più venduta in Italia.

Anche per Peugeot, a sua volta parte del gruppo, il 2024 è iniziato con un significativo aumento delle vendite, raggiungendo una quota del 5,8% nel settore delle vetture e dei veicoli commerciali.

Niente fusioni, per ora

Un altro produttore francese è stato al centro di alcune voci riguardo una possibile fusione con Stellantis: Renault. Tuttavia, il gruppo ha smentito seccamente la possibilità di una simile operazione con altri produttori, in particolare Renault.

«Non esiste alcun piano allo studio riguardante operazioni di fusione di Stellantis con altri costruttori», ha affermato John Elkann, Presidente del gruppo. «La società è concentrata sull’esecuzione del piano strategico Dare Forward e nella puntuale realizzazione dei progetti annunciati, per rafforzare la sua attività in ogni Mercato dove è presente, inclusa l’Italia».

«Voglio essere molto schietto: non abbiamo in corso nessun negoziato su operazioni di fusione. E sicuramente non ne abbiamo con Renault. Quelle che sono circolate sono solo pure speculazioni», ha ribadito Tavares a proposito, posticipando i discorsi aziendali. La notizia più rilevante è che il produttore sembra aver trovato un equilibrio tra redditività e accessibilità economica delle vetture a batteria. Infatti, il gruppo ha annunciato che punterà su nuovi modelli di EV economici per contrastare la concorrenza cinese. Le auto elettriche di Pechino si preparano a invadere l’Unione Europea, puntando sul costo stracciato. Una pessima notizia per i produttori dell’UE, che dovranno competere con modelli molto più economici. Un vantaggio che nasce non solo dal successo della strategia messa in campo da Pechino e dall’industria nazionale, ma anche dal minore costo della manodopera. Le zone d’ombra del Mercato automotive cinese non sono poche e rischiano di allungarsi sul Continente.

Il campione di Pechino è il gigante BYD. Dopo aver superato Tesla nelle vendite globali di vetture grazie al successo nel Mercato interno, la società vuole conquistare anche l’estero. La strategia prevede di sfruttare due Paesi strategici per rafforzare la sua presenza nell’Unione Europea e in Nord America: Ungheria e Messico.

L’obiettivo è aumentare sempre più le esportazioni, che l’anno scorso hanno toccato quota 250.000. Il primato nella produzione di batterie al litio è una delle chiavi dei costi competitivi dei modelli BYD, ma c’è dell’altro: manodopera a basso costo o 0.

Automotive, le ombre cinesi

Cina

Quando si parla dei pregi della Cina raramente pensiamo alle condizioni di lavoro. Tuttavia, bassi salari e straordinari non retribuiti sono solo la punta dell’iceberg del problema. Infatti, spesso il confine tra manodopera a basso costo e lavoro forzato è molto sottile nel Paese asiatico. Il caso degli uiguri, minoranza musulmana che vive nella Regione dello Xinjang, la dice lunga. Il Governo detiene circa un milione di persone in cosiddetti centri di formazione professionale, secondo le Nazioni Unite. In realtà, altro non sarebbero che siti di detenzione, repressione e lavoro forzato.

Soprusi che mirerebbero a eliminare l’identità religiosa e culturale della minoranza islamica, nascondendosi dietro il pretesto della lotta al terrorismo. Una legge sulla prevenzione del lavoro forzato degli uiguri e le sanzioni occidentali non bastano a risolvere i problemi. Lo dimostra il fatto che dall’entrata in vigore della norma, a giugno 2022, le autorità doganali degli Stati Uniti hanno trattenuto merci provenienti dallo Xinjiang per 2 miliardi di dollari.

Lo stesso vale per le sanzioni, che fino a oggi non hanno inciso. Al contrario, hanno contribuito alla crescita del commercio della Regione, che nei primi 10 mesi del 2023 ha registrato un aumento del 40%, raggiungendo i 409,2 miliardi di dollari. Da gennaio a ottobre 2023 le spedizioni hanno superato il valore totale del commercio del 2022. In particolare, le esportazioni di veicoli elettrici, batterie al litio e celle fotovoltaiche sono aumentate del 62%.

Automotive, l’export illegale

Negli ultimi mesi sono cambiate le destinazioni delle esportazioni, concentrate in Asia centrale. In particolare Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, ma anche Malesia, Bielorussia e Vietnam. Per non parlare poi del commercio con i Paesi della Nuova Via della Seta, aumentati del 50% nel 2023. Dati che non devono ingannare. Spesso, infatti, sono solo destinazioni temporanee. Il successo delle vendite delle auto cinesi ha anche un altro protagonista principale: il Mercato nero. Infatti, le guerre hanno aperto le porte alle esportazioni illegali di EV nuove, registrate come usate, dalla Cina verso Russia e Medio Oriente. Alcuni commercianti vendono le automobili nuove spacciandole per usate, all’insaputa dei produttori, utilizzando canali non ufficiali.

Uno stratagemma reso possibile dalla legge nazionale cinese, che prevede che le auto usate possano essere esportate senza l’autorizzazione delle case produttrici. Una pratica che sta riscuotendo gran successo negli Stati in cui ci sono pochi modelli e sono molto costosi. Un nuovo problema che contribuisce ad alimentare i timori dell’automotive europeo. Come contrastare il lavoro forzato e resistere all’invasione cinese? Una domanda non semplice, che potrebbe trovare risposta in una strategia industriale condivisa tra UE e USA. ©

Articolo tratto dal numero del 15 marzo 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Il mio motto è "Scribo ergo sum". Laureato in "Mediazione Linguistica e Interculturale" ed "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, mi sono specializzato in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di Mercati, spazio e crypto.