Il PIL italiano cresce, ma poco, attestandosi sul +0,9% nel 2023, dal +4% del 2022 (slancio dovuto al post pandemia). Eppure il tasso di occupazione fa un balzo in avanti significativo, con +467mila unità in media all’anno nel 2023. Sono alcuni dati emersi dal rapporto competitività sui settori produttivi ISTAT. Qualcosa non torna allora: com’è possibile che a un rialzo sostanziale dell’occupazione non si accompagni una crescita record anche del prodotto interno lordo?
Aumentano i contratti a tempo indeterminato
A crescere è sia il lavoro dipendente (+2%, sostenuto dai contratti a tempo indeterminato), che il lavoro autonomo (+1,3%). Lo stesso vale per le ore lavorate, che aumentano in tutti i settori e in particolare nei servizi (+4%). Si lavora di più insomma, e i dati lo confermano. Eppure il PIL aumenta, ma al rallentatore. Un’ipotesi del motivo la fornisce lo stesso istituto di statistica: «La tendenza» si legge nel report, «si riscontra nei periodi di stagnazione o indebolimento ciclico».
L’inflazione persiste
Anche lo svuotamento del portafogli degli italiani ha un suo peso sul PIL. Il rincaro su beni e servizi ha cessato la sua corsa a ottobre del 2023, dopo aver toccato picchi superiori all’8%. Adesso che si assesta intorno al 2% però, non bisogna illudersi che i prezzi stiano calando. Lo sottolinea la Direttrice ISTAT Linda Laura Sabbadini. Significa solo che «i prezzi stanno comunque salendo, anche se meno».
Povertà dilagante
Neppure i numeri sulla povertà mentono. L’occupazione può anche aumentare, ma se i salari sono al palo e il costo della vita è alle stelle, il quadro diventa quello di un Paese in cui è in preoccupante aumento chi è in povertà assoluta. Sempre secondo ISTAT sono 5,7 milioni di persone, l’8,5% del totale (l’anno scorso erano l’8,3). E non a caso la mancanza di risorse per una vita dignitosa è esplosa proprio nei nuclei in cui il lavoratore principale è un dipendente. L’incidenza qui è di quasi un punto in più: il 9,1%, contro l’8,3 dell’anno prima.
Imprese poco digitalizzate
Colpisce anche il dato sulla digitalizzazione delle imprese italiane. Gli investimenti in nuove tecnologie – che contribuiscono al PIL – sono ancora troppo scarsi. Gli unici a salire, dice il report sulla competitività, sono i software gestionali, la tecnologia Cloud, la fibra ottica e la cyber security. Ma l’Internet of Things, i Big Data, i Robot o le stampanti 3D restano di nicchia. Oltre l’80% delle aziende italiane con più di dieci dipendenti non utilizzava le innovazioni tecnologiche nel 2018 e non lo fa neppure nel 2012.
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