Ne è certa Laurence Boone, ex Segretario di Stato per l’Europa nel Governo francese e già capo economista dell’OCSE. Non c’è rischio di crisi francese del debito. Il dubbio paventato da alcuni sembrerebbe dunque immotivato. Ancora aperta è però la partita delle elezioni. Dopo il risultato delle europee, i cittadini saranno richiamati alle urne. Questa volta per eleggere l’Assemblée Nationale e con un sistema di voto radicalmente diverso. Dal risultato potrebbe dipendere la composizione stessa della prossima Commissione Europea.
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La Francia diventa variabile chiave per decidere il futuro dell’Europa
I cittadini tornano al voto. Dopo la plateale contrazione della maggioranza presidenziale, che dimezza i consensi a favore del Rassemblement National di Marine Le Pen, in volata oltre il 31%. L’esito avrà un peso notevole sull’aspetto della nuova Commissione Europea.
Se in linea teorica il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron può decidere autonomamente riguardo alla Commissione, una questione di legittimità politica potrebbe spingerlo ad attendere.
La tornata elettorale si svolge su due turni e con un sistema radicalmente diverso dal proporzionale puro delle Europee. Dopo il primo voto, passeranno al ballottaggio i primi due partiti di ogni singolo collegio. Più eventuali altri che avessero ottenuto le preferenze di almeno il 12,5% del totale degli iscritti. Di fronte a un’affluenza che nel 2022 non aveva raggiunto il 50%, ci si aspetta un numero minore di sfidanti al secondo turno. A tutto vantaggio di Marine Le Pen. Che, forte di un netto distacco sugli sfidanti e di una annunciata alleanza con la destra gaullista, potrà essere in lizza in molti più collegi.
Dato il peso specifico della Francia in seno al Consiglio, è probabile che questo ritardi la scelta di una nuova Commissione. Almeno fino al secondo turno elettorale francese, che si chiuderà il 7 luglio. Ma dalla Francia non è tutto. Se, come appare probabile, il prossimo Governo francese sarà rappresentante di una maggioranza diversa da quella presidenziale, resta da chiarire un equivoco. Chi siederà al Consiglio Europeo?
Quando, tra il 1997 e il 2002, il repubblicano Jacques Chirac dovette “convivere” con un Primo Ministro socialista, Lionel Jospin, partecipavano entrambi alle riunioni. Ma dalla firma dei Trattati di Lisbona, questo non è più possibile. E anche se buone ragioni spingerebbero a optare per il Presidente, non è detto che i nuovi inquilini di Matignon saranno così disposti ad accettarle.
Capital Markets Union in agenda
A partire dal completamento della Capital Markets Union. Per arrivare a temi più impellenti come le armi all’Ucraina e la Difesa europea, l’agenda di questa legislatura europea è fitta di decisioni cruciali. «Competitività, difesa e allargamento del budget», sono le 3 priorità secondo la Boone. «L’Europa deve avere la sua strategia. Non può pensare di giocare secondo regole che gli altri non rispettano, altrimenti rischiamo di perdere competitività, come sta già accadendo».
Quale maggioranza europea porterà avanti queste riforme?
Sarà quella del Parlamento, composta da popolari, socialisti e liberali, scalfita solo di poco dalle ultime elezioni. O sarà invece quella, decisamente più inclinante a destra, che tiene banco al Consiglio Europeo? In un caso o nell’altro, un cambio di assetto a Parigi porta evidentemente a ripensare gli equilibri all’interno della Commissione. Per il nome e il mandato del commissario francese, ma anche per la scelta della Presidenza e del programma. Con conseguenze evidenti sul piano politico e istituzionale, ma anche sulla potenziale fattibilità delle riforme economiche a lungo richieste e altrettanto a lungo rimandate. ©
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