martedì, 12 Novembre 2024

Sale il prezzo dei metalli, i rincari temuti dalla transizione energetica

Sommario

Il prezzo dell’oro, bene rifugio per eccellenza, tocca i massimi storici. La sua quotazione, ovviamente, non dipende solo dalle estrazioni. Anzi. Buona parte del valore di Mercato è determinata da componenti finanziarie e geopolitiche. Anche uno dei metalli più ricercati nell’industria, il rame, ha raggiunto in questa prima metà del 2024 il suo picco. Un trend che pare stia cambiando. Intanto, a far paura è oggi l’inasprimento dei dazi sui metalli provenienti dalla Cina, che potrebbero farne calare l’export verso il resto del mondo. Rincari sulle tariffe applicate dai Paesi occidentali nell’import farebbero lievitare i prezzi di tutte le materie prime. Al momento, lo scenario è nettamente differente. «Continua la spinta verso la sostenibilità, con sempre più importazioni di componentistica e auto elettriche di manifattura cinese la cui filiera è ben integrata nel mondo del commercio internazionale. I prezzi potrebbero salire non solo per la scarsità fisica di metalli, ma anche perché la speculazione finanziaria spinge in questa direzione», dice Daniela Corsini, CFA, Senior Economist Responsabile della ricerca commodities Intesa Sanpaolo.

Qual è l’attuale andamento delle quotazioni dell’oro?

«Nel 2024 è passato da un minimo di 1.984 dollari l’oncia, registrato il 14 febbraio, a un massimo di 2.450 dollari l’oncia del 20 maggio. Sono dati da record. È un risultato determinato da una serie di fattori molto positivi verificatisi tutti insieme. Il primo e più importante è stato l’accumulo di oro da parte delle Banche Centrali negli ultimi 18 mesi. Questo è stato innescato dalla crisi provocata dalla guerra tra Ucraina e Russia e ha influenzato molto il Mercato. Un esempio? La Cina. In oltre 20 anni, dal 2000 al 2022, aveva ampliato le proprie riserve auree ufficiali di circa 50 milioni di once. Nel giro degli ultimi 18 mesi (quindi dopo l’esplosione del conflitto, da ottobre 2022 ad aprile 2024) le ha aumentate di 10 milioni di once, accelerando nettamente gli acquisti».

Come mai in questo periodo le Banche Centrali stanno incrementando le proprie riserve auree?

«Per tanti motivi. I Paesi emergenti partono con una percentuale di oro sul totale delle riserve strategiche molto più bassa rispetto alla media occidentale. Quindi c’è una componente di ritardo storico che stanno cercando di chiudere. Sicuramente per le Banche Centrali dei Paesi emergenti è utile detenere un asset neutrale, liquido e universalmente accettato come l’oro. Preferiscono incrementare gli acquisti di lingotti anziché aumentare l’esposizione percentuale a valute o titoli di Stati terzi. Sembrerebbe però che il processo di accumulo da parte della Banca Popolare Cinese stia per essere interrotto. La dinamicità mostrata nelle acquisizioni dei 18 mesi passati pare sia stata legata alla volontà di arrivare a un target preciso di riserve auree. Guardando i dati degli acquisti negli ultimi mesi, sembra che ora questa tendenza possa essere in frenata. Pechino ha comprato volumi decrescenti di oro per poi azzerarne gli acquisti a maggio. Questo ci suggerisce che probabilmente è stata una fase molto intensa volta a raggiungere alcuni obiettivi in termini di esposizioni, ma che questo trend possa lasciare ora spazio a una stabilizzazione o rallentamento».

Il valore di oro e argento è legato all’andamento del dollaro. Quanto hanno contribuito le sue oscillazioni al raggiungimento di quotazioni da record?

«Hanno avuto un ruolo importante, ma hanno inciso meno rispetto agli acquisti succitati delle Banche Centrali. La correlazione tra oro e dollaro americano è stata fortissima fino a ottobre 2023. La politica monetaria statunitense è stata uno dei driver più influenti. Successivamente hanno prevalso, secondo le nostre analisi, i rischi geopolitici. Oggi, la storica correlazione negativa fra oro e dollaro è meno marcata, perché è come se la crisi in Medio Oriente avesse creato un cambio di paradigma, ha spostato l’oro su un altro modello».

Cosa ci si attende per la fine dell’anno?

«Ci aspettiamo che l’oro possa raggiungere ancora nuovi massimi, proprio perché le tensioni geopolitiche continuano a essere accese e le Banche Centrali stanno andando verso una fase monetaria espansiva. Anche la Federal Reserve prima o poi taglierà i tassi. Le nostre stime prevedono che, salvo imprevedibili ribaltoni, l’oro possa superare i 2.500 dollari l’oncia già quest’anno e attestarsi nel 2025 attorno a una media di 2.450 dollari».

Questo è un bene per il Mercato delle materie prime?

«L’oro è un indicare che misura, come un termometro, il nervosismo sui Mercati finanziari. Quindi avere le quotazioni vicino ai record storici o che sfiorano nuovi guinness dei primati vuol dire che siamo in una fase effettivamente molto instabile. Abbiamo comunque le Banche Centrali che stanno cambiando tono e queste transizioni hanno sempre catalizzato le attenzioni degli investitori. Non credo però che un oro verso nuovi massimi sarà un problema per il commercio di metalli».

Per quanto riguarda l’argento, cosa può dirci?

«Ha una correlazione molto forte con l’oro. In questi mesi il suo prezzo si è spostato da un minimo di 21,9 dollari l’oncia il 22 gennaio a un massimo di 32,5 dollari l’oncia il 20 maggio 2024, lo stesso giorno del picco dell’oro. E non è un caso. Oggi è attorno ai 29 dollari l’oncia, e mi aspetto che il suo valore possa salire nei prossimi mesi. Per il 2025 però dovremmo assistere ad una stabilizzazione con quotazioni attorno a una media di circa 31 dollari l’oncia. Non sono attesi nuovi record. Si prevede non riuscirà presto a superare le performance dell’aprile 2011, quando aveva quasi raggiunto i 50 dollari l’oncia. Valori molto lontani da quelli attuali».

La produzione di auto elettriche e pannelli solari fa grande uso di argento. L’aumento del suo prezzo potrebbe rallentare la transizione energetica?

«Da quello che vedo, in realtà i prezzi dell’argento non sono ancora così elevati da preoccupare gli utilizzatori. Soprattutto in questi due settori Green. Per le sue caratteristiche fisiche e chimiche l’argento resta comunque un metallo di prima scelta. Quindi la sostituzione, soprattutto per alcune applicazioni che devono per forza essere molto performanti, come appunto nei veicoli elettrici e nel fotovoltaico, è estremamente difficile. Per il momento se le nostre stime fossero confermate, con un valore in media attorno ai 30-31 dollari, anche l’anno prossimo non dovremmo avere particolari problemi per l’industria che punta alla sostenibilità. Anzi. Ci aspettiamo che, nonostante i prezzi lievitino, la domanda di argento nel comparto continui a crescere come conseguenza diretta della penetrazione sempre più diffusa dell’utilizzo di veicoli elettrici e delle istallazioni di pannelli solari sia in Occidente sia nei Paesi emergenti, soprattutto in Cina».

Tra gli altri metalli, invece, qual è il più richiesto?

«Il metallo in assoluto più importante per la transizione energetica, anche in termini di volumi, è il rame. Come l’argento, non è facilmente sostituibile per tutte le applicazioni, perché presenta dei significativi vantaggi, ma può essere talvolta rimpiazzato con l’alluminio. Per gli usi e le produzioni ad alto valore aggiunto, probabilmente si continuerà anche nei prossimi anni a utilizzare il rame, nonostante le quotazioni siano alle stelle. Da inizio anno è passato da un minimo di 8.127 dollari a tonnellata del 9 febbraio, a un massimo di 11.104 dollari sempre il 20 maggio 2024 che ha rappresentato un record storico».

Si registrano particolari difficoltà nell’approvvigionamento?

«Nel 2024 è previsto un possibile deficit che proseguirà la sua espansione sia nel 2025 sia nel 2026. Insomma vi sarà un’inversione del trend dopo due anni di eccesso di offerta in contrazione. Nel 2023 infatti il Mercato era in leggero surplus, quasi in equilibrio tra domanda e risorse disponibili. Quindi sì, ci sono problemi di approvvigionamento, soprattutto in America Centrale, dove un’enorme miniera, Cobre Panamá, è stata chiusa per questioni ambientali e legali (a novembre 2023, la Corte Suprema di Giustizia di Panama ha dichiarato incostituzionale il rinnovo e l’ampliamento del contratto tra lo Stato e la società mineraria che gestisce il sito). Inoltre anche in Perù e Zambia la produzione rame dovrebbe calare nel 2024 rispetto al 2023 per diversi motivi. Le riserve mondiali ad oggi sono relativamente limitate e potrebbero essere insufficienti a coprire le richieste.

Effettivamente il mondo dipende dalla nuova estrazione mineraria, e le scorte non sono abbastanza. Il prezzo del rame quindi è destinato ad avere rincari anche nei prossimi anni. Mi attendo una stabilizzazione nei mesi estivi, poiché a breve il rame non dovrebbe ritornare al picco degli 11mila dollari a tonnellata, ma nel lungo periodo prevedo un trend rialzista, un nuovo super ciclo, dalla fine di quest’anno in poi, con quotazioni in media superiori ai 10mila dollari a tonnellata per il 2025. Abbiamo elementi per ritenere più probabile che il valore sarà superiore piuttosto che inferiore al nostro livello target il prossimo anno, perché se i Mercati finanziari decidessero di cavalcare questo grande tema della transizione energetica, ci sarebbe molto spazio per aumentare le posizioni speculative sul rame, ad esempio con movimenti di short covering».

Tra i metalli maggiormente utilizzati nell’industria figura anche l’alluminio. Che posizione di Mercato ha attualmente?

«L’alluminio contribuirà alla transizione energetica, sia perché potrebbe essere un buon sostituto per il rame in alcune applicazioni, sia perché è essenziale per tutto quello che è la mobilità elettrica. Essendo un metallo molto leggero, riduce il peso dei veicoli e permette una migliore performance delle batterie elettriche. Anche per questo metallo è probabile che il Mercato si sposterà in deficit dal 2025 in poi, quindi ci aspettiamo pressioni al rialzo sui prezzi a partire da fine 2024 e poi per gli anni successivi». ©

Articolo tratto dal numero del 1° luglio 2024 de il Bollettino. Abbonati!

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