giovedì, 13 Novembre 2025

Progetti ESG tra ostacoli, incognite e opportunità

Sommario
ESG

La tempesta che investe gli ESG negli Stati Uniti non scuote la Finanza e l’industria italiana, ma i nuovi obblighi di rendicontazione Ue paralizzano le aziende. La battuta d’arresto degli Stati Uniti sugli ESG ha raffreddato l’entusiasmo globale e ha rallentato la ricerca di standard comuni tra Ue e Usa. In Italia, tuttavia, il percorso appare avviato e sostenuto, anche grazie al ruolo delle banche, sempre più interessate a sviluppare strumenti finanziari legati alla sostenibilità. Parallelamente, sul fronte dell’economia circolare, cresce l’attenzione verso l’origine delle materie prime e il riciclo, pur tra le contraddizioni di processi non ancora pienamente decarbonizzati. I principi sostenibili sono sempre più centrali, ma spesso le norme sono poche chiare e i continui cambi di rotta di Bruxelles ostacolano gli investimenti e complicano l’accesso ai canali di finanziamento Green. In particolare, le aziende italiane guardano con attenzione e un po’ di timore gli sviluppi del decreto Omnibus.

«Questa norma ha un effetto su tutta la filiera, gli slittamenti a catena riguarderanno le piccole e medie imprese. Il rischio che le novità possano non essere comprese c’è. Auspico una semplificazione ulteriore e adeguata alle PMI, ma mi auguro che qualcosa venga mantenuto per evitare che il pullulare di società di rating abbia la meglio e affinché la trasparenza continui ad essere un elemento centrale», dice a Il Bollettino Irma Belardi,  Chief Sustainability Officer Head of People Development and Sustainability del Gruppo Ansaldo Energia, sottolineando che è una norma spesso sottovalutata a causa dell’etichetta di provvedimento tecnico. In realtà, per il Mondo delle imprese, quotate e non, il Decreto rappresenta un cambio di passo significativo nella complessa marcia verso la rendicontazione di sostenibilità. Infatti, il cuore della norma è lo slittamento degli obblighi di rendicontazione secondo gli standard europei SRF. Le grandi aziende non quotate avranno due anni di tempo in più. Un dettaglio che potrebbe sembrare puramente tecnico a uno sguardo disattento, ma che in realtà lo è solo in apparenza. Infatti, è un segnale politico ed economico forte. L’intervento normativo riscrive le priorità di bilanci e piani industriali, ridefinendo i rapporti con fornitori, clienti, banche e investitori. Il rinvio è stato accolto con sollievo da molte imprese, preoccupate da nuove metriche europee concepite per portare trasparenza, parità di confronto e un linguaggio comune nella comunicazione ESG, ma che rischiano di rivelarsi inefficaci a causa della complessità dell’impianto normativo.

ESG

Se lo stop temporaneo ai nuovi principi sarà sfruttato per semplificare, coordinare e rafforzare la sostanza delle rendicontazioni ESG, il decreto potrà rappresentare un acceleratore della transizione sostenibile. Al contrario, se le imprese non sfrutteranno l’occasione di mettere a punto i propri piani, il rischio è che si trasformarsi in un boomerang.  Sicuramente i bilanci di sostenibilità secondo gli standard SRF rischiano di diventare documenti più vicini a esercizi burocratici che a strumenti di comunicazione della sostenibilità di un’impresa, per cui occorre mantenere l’attenzione sul delicato equilibrio che riguarda direttamente l’intero sistema economico, perché ogni grande impresa porta con sé una catena di fornitori, spesso piccole e medie imprese meno attrezzate ad affrontare oneri regolatori sempre più sofisticati. Se queste non riusciranno a reggere il passo, il rischio di inceppare la macchina della transizione sarà grande. Al tempo stesso, però, la domanda sui temi della sostenibilità è ormai strutturale. A cinque anni dall’avvio dei primi percorsi ESG strutturati in Ansaldo Energia, oggi clienti, partner e istituti finanziari non si accontentano più di dichiarazioni di principio: chiedono numeri, evidenze, processi verificabili. Intanto, si moltiplicano le iniziative di formazione per trasformare la sostenibilità da sovrastruttura percepita come costo a driver concreto di innovazione e competitività.

Quali sono gli effetti del decreto Omnibus sulla transizione sostenibile delle aziende?

«Per quanto riguarda una grande azienda non quotata come la nostra, ha come impatto uno slittamento di due anni fiscali rispetto agli obblighi di rendicontazione secondo gli standard SRF, mentre noi da cinque anni rendicontiamo secondo i GRI. È un’opportunità perché avevamo deciso di fare un esercizio pilota con un report secondo i nuovi standard per capire i gap che ci saremmo trovati ad affrontare l’anno prossimo e ci siamo resi conto della complessità enorme che la direttiva presentava. Le prime a essere toccate sono state le grandi società quotate e sappiamo che hanno avuto così tante difficoltà che non avremmo avuto il tempo di beneficiare della loro esperienza. Ben venga questo slittamento per noi e anche la semplificazione di alcune parti perché la complessità di questa Direttiva è spesso inutile. Stiamo comunque lavorando a un’edizione pilota del report sulla base di queste novità. Il decreto Omnibus ha un effetto su tutta la filiera, gli slittamenti a catena riguarderanno le piccole e medie imprese. Auspico una semplificazione ulteriore e adeguata alle PMI, ma mi auguro che qualcosa venga mantenuto per evitare che il pullulare di società di rating abbiano la meglio, affinché la trasparenza continui a essere un elemento centrale. Siamo molto vicini al termine di questo esercizio e ci rendiamo conto che il racconto che emerge dal nuovo standard è fatto di informazioni che non hanno lo stesso impatto rispetto al precedente. Credo che manterremo almeno per un po’ due diversi documenti e suppongo che questo approccio sarà molto diffuso».

economia circolare

L’ESG pesa nelle gare pubbliche, nelle autorizzazioni, nei rating bancari, nella concessione di credito. Quanto sono rilevanti oggi i fattori ESG nella valutazione d’azienda?

«Dal mio osservatorio sono sempre più importanti. Cinque anni fa abbiamo deciso di lavorare in modo strutturato sul tema sostenibilità per avere una comunicazione basata su standard conosciuti e che potesse facilitarci anche nei processi di valutazione. Molti clienti ci chiedono della nostra rendicontazione e delle nostre iniziative anche perché a loro volta per ottenere un’autorizzazione per procedere con le attività, tipicamente su nuovi siti, devono dimostrare che la loro catena di fornitura sia coerente e sostenibile, molto spesso nelle gare viene dato un peso a questi elementi. A nostra volta abbiamo iniziato un percorso che si basa su una buona relazione con i nostri fornitori, utilizzando momenti di incontro quali i supplier day in cui illustriamo quello che facciamo affinché prendano consapevolezza riguardo i temi della sostenibilità. Stiamo inoltre cercando di creare le occasioni per dare ai fornitori la possibilità di entrare in canali di finanziamento per lo sviluppo di progetti di sostenibilità. Il tema è che sono i processi che devono cambiare in ottica di sostenibilità, finché questa verrà interpretata come solo adempimento e sovra struttura andremo avanti poco. Sulla sostenibilità tendiamo a far prevalere il tema ambientale, che è strettamente legato alla mission dell’azienda. Ci sono iniziative che fanno parte del nostro piano di sostenibilità che riguardano l’attenzione alla manutenzione e ai consumi del sito produttivo, ma l’impatto più significativo che possiamo ottenere sull’ambiente riguarda lo sviluppo tecnologico sul nostro prodotto, su cui ci stiamo concentrando per favorire la transizione ecologica. Naturalmente il tema ambientale non è l’unico e tra le prassi dell’ambito sociale mi piace ricordare il recupero delle eccedenze alimentari in collaborazione con il Banco Alimentare che effettuiamo da oltre dieci anni. Va detto che la relazione con il territorio è uno degli elementi centrali che caratterizza da sempre la nostra azienda».

Quale traiettoria potrebbero prendere gli ESG nei prossimi anni?

«La battuta d’arresto degli Stati Uniti non aiuta, rende tutto più complicato. Per quanto riguarda il nostro business, non abbiamo però troppo evidente questa percezione, soprattutto in Italia. Certamente, c’è tutto un sottobosco di piccole imprese che cercano di capire quali effetti del decreto Omnibus le toccheranno. Per quanto riguarda invece il Mondo delle banche, possiamo dire che non è affatto così: diversi colleghi ci chiedono supporto sui temi ESG per ottenere strumenti di finance favorevoli».

Spesso si dimentica che la sostenibilità non è solo ambiente, ma anche governance, rapporti con il territorio, pratiche di inclusione…

«Dal nostro osservatorio, tra le richieste che i nostri clienti fanno c’è l’evidenza dell’origine delle nostre forniture, in particolare relativamente alle materie prime di cui sono composte. Al di là di questo, abbiamo diverse iniziative utili a sviluppare consapevolezza e buoni comportamenti, mentre il nostro prodotto che è caratterizzato dalla lunga durata viene soprattutto manutenuto perché la propria vita venga ulteriormente estesa».

Resta il nodo delle competenze. C’è un problema di formazione e professionalità nell’ambito della sostenibilità?

«Ci sono diverse iniziative di formazione in ambito sostenibilità che si stanno sviluppando a partire dall’offerta formativa universitaria. Anche Cdp, che è il nostro Azionista, ha organizzato lo scorso anno un corposo corso di formazione con la Bologna Business School, a cui hanno partecipato persone del Gruppo con background diversi. Ma la sostenibilità non può essere competenza di alcuni, deve essere una cultura diffusa che spinge a fare le cose in modo diverso».    ©

Articolo tratto dal numero del 15° ottobre 2025 de Il Bollettino. Abbonati! 

Il mio motto è "Scribo ergo sum". Laureato in "Mediazione Linguistica e Interculturale" ed "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, mi sono specializzato in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di Mercati, spazio e crypto.