domenica, 3 Novembre 2024

SCOLARI, ASCOFIND: «PER AUMENTARE LE PERFORMANCE INVESTIRE IN ESG E AI»

A farla da padrone sui mercati oggi sono ESG e AI. Due acronimi che implicano attenzione alla sostenibilità e allo sviluppo e che puntano a creare nuovi portafogli, più redditizi e con minor rischi. «Le applicazioni e i tools di intelligenza artificiale hanno e avranno un’importanza cruciale sia nell’attività di gestione dei patrimoni sia nella consulenza finanziaria», dice Massimo Scolari, Presidente Ascofind – Associazione per la Consulenza Finanziaria Indipendente – e docente presso il politecnico di Milano. 

«Tali applicazioni consentono di raffinare le capacità predittive e le scelte di investimento. Il consulente finanziario dovrà quindi adattarsi ad un’attività particolarmente delicata, che consiste nell’utilizzarli al meglio, sia nell’analisi delle caratteristiche e dei bisogni dei singoli clienti sia sui processi di pianificazione. Per quanto riguarda il nostro Paese gli investimenti sono insufficienti nell’ambito del deep learning e soprattutto, sulla formazione degli operatori finanziari. Inoltre, la considerazione dei fattori di sostenibilità nella costruzione di un portafoglio di investimenti finanziari contribuisce positivamente alla performance e riduce i rischi. Investire secondo criteri ESG non significa rinunciare, in tutto o in parte, al rendimento ma, al contrario, vi è un’alta probabilità, almeno nel medio periodo, di incrementarlo».

Il concetto ESG potrebbe essere controverso, in quanto non c’è ancora un regolatore che certifichi cosa lo sia effettivamente o no? 

«Dal 2022 entrerà in vigore il Regolamento europeo Tassonomia che è stato realizzato per definire in modo non soggettivo quali attività possono essere considerate ecosostenibili perché contribuiscono positivamente al raggiungimento degli obiettivi ambientali».

Gli investitori sono sempre più attenti alle tematiche ambientali. Nel vostro caso, quanto si sente l’urgenza di un intervento in tal senso? 

«Sulle tematiche ambientali, mi sia consentita una battuta, si parla molto ma non si fa altrettanto. L’urgenza degli interventi in materia ambientale è ormai ampiamente dimostrata dai principali osservatori ed esperti internazionali. Un primo luogo comune da sfatare consiste nel convincere coloro che nel settore finanziario prendono decisioni di investimento che non si tratta di un argomento “alla moda” e che, invece, ha assunto, e assumerà sempre di più, una valenza strategica per l’industria del risparmio».

L’Europa rimane di gran lunga il mercato ESG più sviluppato e diversificato, rappresentando l’82% delle attività mondiali, seguita dagli Stati Uniti con il 14%. Cosa potrebbe spiegare una differenza così marcata, sembrerebbe che gli americani non siano molto sensibili al tema green?

«L’Europa, e di questo dovremmo essere lieti, si è mossa con anticipo e con maggiore determinazione, nel promuovere interventi legislativi e regolamentari che hanno creato le condizioni per una maggiore sensibilità ai temi ambientali, sociali e di governance del settore finanziario. Ciò non significa che sia tutto oro, o verde, quello che luccica. Le autorità e i regolatori hanno giustamente posto molta attenzione al tema del “greenwashing”».

Nel secondo trimestre del 2021, a livello mondiale, 139 miliardi di euro si sono riversati in fondi comuni d’investimento che operano con strategie basate su criteri ESG, sebbene sia il 24% in meno rispetto alla raccolta del primo trimestre. Ovviamente anche il Green Deal ha dato un forte impulso. Le imprese si devono uniformare o rischiano di non essere più attrattive per gli investitori? 

«L’azione congiunta del regolatore europeo da un lato sulla responsabilità sociale delle imprese e sugli obblighi di comunicazione delle informazioni non finanziarie e, dall’altro, sull’integrazione dei fattori di sostenibilità nei processi di investimento, mira a realizzare un sistema di incentivi nel sistema economico e finanziario a favore delle attività sostenibili. Siamo solo all’inizio di un grande processo di trasformazione che avrà impatti significativi su molti settori industriali e dei servizi. È un dato di fatto che una quota importante della raccolta dei fondi di investimento, sia nel 2020 che quest’anno, si sia indirizzata verso i prodotti sostenibili o almeno che si dichiarano tali. La sfida è ora di corrispondere alle aspettative degli investitori con buoni risultati finanziari e di responsabilità ambientale e sociale».

L’aumento del numero di prodotti sostenibili in tutto il mondo, l’apprezzamento del mercato e gli afflussi comunque positivi hanno continuato a spingere al rialzo gli asset dei fondi sostenibili. Il patrimonio globale, infatti, è aumentato del 12% rispetto a fine marzo, arrivando a quota 2.244 miliardi di dollari. C’è ancora spazio di crescita? E un risparmiatore che volesse investire in questo settore come dovrebbe comportarsi? 

«Anche per gli investimenti sostenibili valgono le regole di scegliere gli strumenti finanziari che si comprendono, che assicurano completa trasparenza e che siano adatti ai propri obiettivi e al profilo di rischio. Il nuovo Regolamento europeo, pubblicato nello scorso mese di agosto, impone a tutte le società che svolgono la gestione di portafoglio e la consulenza in materia di investimenti di rilevare le preferenze di ogni cliente in materia di sostenibilità e di valutare l’adeguatezza delle raccomandazioni di investimento non solo sotto il profilo finanziario ma anche in chiave di requisiti ESG. È un banco di prova molto importante per tutti gli operatori del settore che potranno cogliere l’opportunità di fornire ai clienti servizi di maggiore qualità».

Secondo la Commissione europea, sarebbero necessari 350 miliardi di euro in più all’anno per finanziare le attività relative al Green Deal e per preparare il continente al suo obiettivo di raggiungere la piena neutralità climatica entro la metà del secolo. L’Italia come si posiziona in questa situazione? 

«Il contrasto al cambiamento climatico e le profonde trasformazioni che saranno indotte nel sistema economico sono di tale portata che non potranno essere sostenute dalle sole risorse pubbliche. Le normative varate dalla Commissione europea vanno nella direzione di rafforzare gli investimenti dei capitali privati verso attività sostenibili. In Italia abbiamo avuto negli ultimi anni un significativo progresso delle fonti energetiche rinnovabili; tuttavia, la strada per sostituire le fonti fossili è ancora lunga, mentre il tempo disponibile per attuare gli interventi necessari è molto breve. Proprio per questa ragione è di importanza fondamentale affrontare queste problematiche insieme ed in collaborazione con gli altri Stati membri della Ue, in primo luogo, e più in generale perseguire una politica di collaborazione multilaterale con i principali Paesi industrializzati e con le area emergenti. Nessun paese da solo ce la può fare, solo la collaborazione tra Stati, aziende e investitori può essere la chiave di successo».

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