La parola chiave per il mondo del fashion post pandemia è upcycle. Sì, il riciclo creativo è destinato a diventare un nuovo modo di pensare la moda. Non solo un trend ma un vero mercato, più sostenibile e Green.
«I magazzini dei brand sono pieni di capi non venduti. Dopo tre stagioni hanno un valore praticamente pari a zero, e ancora oggi finiscono per essere bruciati. Noi li prendiamo, li rilavoriamo, li rimettiamo sul mercato con un valore aggiunto. A prezzo pieno se non addirittura maggiorato rispetto all’originale e con una bella storia di sostenibilità. Credo che questa sia un’opportunità da sfruttare», dice Fabrizio Consoli, founder e CEO di Blue of a Kind, che ha l’obiettivo di dare nuova vita a prodotti dismessi e tessuti scartati, per realizzare jeans e capi sostenibili.
In termini ambientali, i processi produttivi del settore fanno acqua da tutte le parti. Secondi al mondo in termini di consumo e responsabili del 20% dei rifiuti idrici globali.
«Noi usiamo non più solo materiali post consumer ma anche post industrial, quelli che vengono chiamati leftover, scarti di lavorazione e tessuti non utilizzati perché fallati. Di base si tratta di stoffe bianche che vengono tinte con il processo Recycrom di Officina+39: si prendono vecchie t-shirt, si dividono per colore e si frantumano fino a trasformarle nella polvere colorata che sarà la tinta dei nostri capi». ©
Sara Zolanetta
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Foto: Fabrizio Consoli