Per uscire dalla crisi del comparto agroalimentare e scongiurare future emergenze è necessario rinnovare la Politica agricola comune puntando sull’innovazione. Un settore che ad oggi, secondo l’Osservatorio Smart Agrifood, vale 1,6 miliardi di euro di fatturato, + 23% rispetto al 2020.
«Solo utilizzando le coperture agricole, zootecniche e agroindustriali si può recuperare una superficie utile di oltre 150 milioni di mq di pannelli, con la produzione di quasi 29mila GW di energia solare. La soluzione dei Parchi Agrisolari, finanziata anche dal PNRR, è un punto essenziale in questa direzione», afferma Cristiano Fini, presidente nazionale della Confederazione italiana agricoltori (Cia).
Spesso si parla di energia e agroalimentare come due realtà in competizione per l’utilizzo del suolo. L’agrisolare e l’agrivoltaico dimostrano l’infondatezza di questo stereotipo. È possibile prevedere una maggiore diffusione di queste tecnologie in Italia?
«Se il cibo resta la vocazione primaria delle nostre imprese, l’integrazione con la produzione energetica è un’occasione imperdibile di reddito e di competitività che può dare al Made in Italy agricolo davvero una marcia in più», spiega Cristiano Fini. «Per questo motivo, bisogna saper costruire una strategia di integrazione, e non di competizione, tra produzione alimentare e produzione di agroenergie. In questo senso, la prima scommessa vincente è proprio il fotovoltaico sui tetti agricoli, che mette insieme la possibilità di accrescere la sostenibilità e l’efficienza energetica del settore con quella di contenere i costi delle aziende agricole, senza erodere minimamente i terreni destinati alle coltivazioni. Una scelta necessaria, tra l’altro, per rispondere agli effetti della guerra in Ucraina e alla sfida della transizione verde. Allo stesso tempo, è fattibile la creazione di impianti a terra su aree abbandonate, marginali e non idonee alla produzione».
Quali sono le tecnologie più promettenti?
«La razionalizzazione degli input idrici e chimici sfruttando i dati acquisiti tramite sensori e satelliti, così come la robotizzazione in campo e i Big Data, insieme al miglioramento della tracciabilità delle filiere agroalimentari e al rinnovo del parco automezzi: questa è la strada da seguire per la completa digitalizzazione del settore primario. Una direzione su cui puntare, attraverso incentivi agli agricoltori, progetti di investimento, fondi dedicati in primis del PNRR. Tanto più che l’Europa, con il Green Deal, chiede a tutti gli agricoltori di trasformare più rapidamente i metodi di produzione e utilizzare sempre di più le nuove tecnologie, per ottenere migliori risultati ambientali, aumentare la resilienza climatica, ridurre e ottimizzare l’uso dei fattori produttivi.
In quest’ottica, altrettanto importante nella fase attuale è guidare gli agricoltori verso la transizione digitale, accompagnando le aziende nei processi di innovazione. Ed è qui che entra in gioco la partnership che Cia ha messo in campo con Image Line, Ruralset e xFarm, tutti importanti player dell’agritech italiano. Lo scopo è supportare le aziende nella scelta delle soluzioni digitali migliori, offrendo una formazione tecnica dedicata e fornendo servizi utili a implementare il business, per diventare più sostenibili senza perdere competitività. D’altra parte, nel 2021 l’agricoltura di precisione e le tecnologie di Agricoltura 4.0 hanno raddoppiato il fatturato nazionale, arrivando a quota 1,6 miliardi».
Quanto è aumentato negli ultimi anni il peso economico delle sempre più frequenti calamità naturali sulla filiera dell’agroalimentare?
«Solo nell’ultimo anno, gli eventi estremi sono quasi raddoppiati, tra gelate tardive, bombe d’acqua, ondate di calore, siccità, con un aumento di cinque volte delle perdite di raccolto. I danni economici dovuti alla maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi ammontano già, in media, a oltre 12 miliardi di euro l’anno in UE, e ormai i fattori climatici, da soli, spiegano tra il 20% e il 49% delle fluttuazioni del rendimento agricolo. Con conseguenze a cascata su tutta la filiera agroalimentare. Per tutelare gli agricoltori c’è bisogno innanzitutto di costruire un modello efficace di gestione integrata del rischio, con nuovi strumenti di difesa attiva e passiva delle colture, più tempestivi e snelli.
A livello europeo, poi, è necessario favorire e incoraggiare la ricerca e l’innovazione, genetica e tecnologica, a partire dall’introduzione di tecniche di miglioramento genetico (NBT) per sviluppare piante più resistenti alle malattie e, soprattutto, ai cambiamenti climatici, in grado dunque sia di ridurre l’impatto di prodotti chimici che di migliorare la tolleranza delle colture allo stress idrico e salino».
A proposito di calamità naturali non si può non menzionare la siccità che sta mettendo a dura prova il nostro Paese. Nell’immediato, il Mipaaf ha previsto la possibilità di proclamare lo “stato di eccezionale avversità atmosferica”, se il danno provocato dalla siccità alle aziende agricole supererà il 30% della produzione lorda vendibile. Quali sono gli interventi principali, di natura infrastrutturale, che dovranno essere messi in campo per mitigare il problema?
«Quelle che in passato erano anomalie climatiche, oggi stanno diventando la norma. Per questo bisogna agire, mettendo finalmente in campo interventi strutturali sulle infrastrutture idriche, per salvare le produzioni agricole e garantire l’acqua ai cittadini, utilizzando tutte le risorse necessarie, in primis quelle del PNRR. Tuttora più del 40% dell’acqua immessa viene dispersa nella rete idrica nazionale e raccogliamo solo il 10% dell’acqua piovana. Non ce lo possiamo più permettere: di fronte a siccità estreme come quella attuale, è urgente prima di tutto creare una rete di nuovi bacini e invasi, piccoli e distribuiti sul territorio, per l’accumulo e lo stoccaggio di acqua piovana. Poi occorrono interventi seri di manutenzione della rete idrica, per renderla più efficiente ed evitare dispersioni. È importante anche lavorare per sviluppare l’uso delle acque reflue in agricoltura, immaginando anche grandi impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare».
Agrisolare e agrivoltaico, l’innovazione è nell’energia solare
In ottica futura, l’agrisolare e l’agrivoltaico rappresentano due tecnologie promettenti e relativamente poco costose, un’opportunità per spingere la crescita del settore agroalimentare. L’indice di gradimento tra gli agricoltori è già alto, come conferma una recente indagine di Agro Camera e Rinnovabili.it: su 2632 intervistati il 70,1 % è favorevole a installare un sistema agrivoltaico, tecnologia conosciuta dall’87 % degli interpellati. La possibilità di vendere energia è il vantaggio che spinge maggiormente a installare pannelli fotovoltaici (55,1%) nella propria azienda.
Invece, il 23% ha indicato il costo elevato degli investimenti tra gli ostacoli principali alla diffusione di questi sistemi. Motivo per il quale il 65,9% degli intervistati sottolinea l’importanza di prevedere incentivi e finanziamenti pubblici dedicati.
La recente intesa tra Governo e Regioni riguardo la ripartizione del Fondo Europeo per l’agricoltura e lo sviluppo Rurale (FEASR) va in questa direzione. L’accordo mette in campo complessivamente 16 miliardi di euro in 5 anni, con un cofinanziamento nazionale maggiore rispetto agli anni precedenti e un’assegnazione nazionale aggiuntiva per le Regioni del sud, da integrare nella programmazione del Piano strategico PAC 2023–2027.
Edoardo Lisi
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