giovedì, 28 Marzo 2024

La Serie A non spende: il circolo vizioso del calciomercato italiano

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Le squadre di Serie A non spendono più. I dati dell’ultima sessione di calciomercato parlano di un passivo di soli tre milioni. I fondi per l’acquisto dei cartellini dei giocatori provengono quasi esclusivamente dalle cessioni, e non da altre fonti. A cosa è dovuto questo fenomeno? Cosa sta succedendo nel calcio italiano, e cosa rivelano i dati sul futuro della Serie A?

Calciomercato, i numeri

Nell’ultima sessione, la Serie A ha speso in totale quasi 750 milioni di euro per i cartellini dei giocatori, cifra che impallidisce al confronto con i 2245 milioni della Premier League, la prima divisione del calcio inglese, considerata la migliore al mondo. Il vero dato preoccupante non è però tanto il volume di denaro spostato nei trasferimenti quanto il bilancio. Le squadre italiane hanno incassato quasi 746 milioni di euro, portando il passivo dell’intero campionato ad appena tre milioni. Quello della Premier League supera 1,3 miliardi di euro, e anche la Liga spagnola ci supera in questo parametro, raggiungendo i 56 milioni.

La Serie A compra solo quando incassa, il calciomercato italiano è un sistema chiuso, che non attrae investimenti dall’esterno ma al contrario ricicla il denaro proveniente dalla propria “produzione”, ovvero i giocatori. La Premier League al contrario investe moltissimo, e non si basa sulle uscite di giocatori per finanziarsi, ma su altre entrate. La fetta più significativa di questi introiti deriva dai diritti TV. Se quelli della Serie A non raggiungono il miliardo di euro nella stagione 2022/2023, le squadre inglesi ricevono oltre 3 miliardi. Il risultato è che una squadra neopromossa in Premier League prende più della vincitrice dello scudetto.

Stando ai numeri, il mercato della Serie A sposta oggi un giro d’affari pari ad un terzo di quello della Premier League, ma solo vent’anni fa i due campionati avevano un valore del tutto simile. Come è stato possibile che in soli due decenni la nostra massima serie si sia attardata così tanto?

Quale futuro per il calcio italiano?

Il bilancio in pari del calciomercato è un sintomo di un problema ben più esteso. Si è instaurato un circolo vizioso, che sta portando la Serie A ad avere un ruolo sempre meno centrale nel calcio europeo. Le squadre non investono, quindi sempre meno grandi calciatori approdano in Italia. I club perdono così competitività rispetto ai rivali europei, e il pubblico perde interesse nella competizione. Meno pubblico significa meno introiti dai diritti TV, rimasti stagnanti rispetto all’epoca pre-Covid. Ma meno ricavi dai diritti TV significa meno soldi da investire.

Il problema si riflette non solo sul mercato, ma anche su tutti gli altri ambiti che richiederebbero investimenti, dagli stadi al settore giovanile. Meno investimenti significa meno ricavi, che comportano meno investimenti. E i fatturati ne risentono: l’unica squadra italiana nella top ten mondiale è la Juventus, settima a 433,5 milioni di euro. L’Inter è quattordicesima, mentre il Milan vincitore dell’ultimo scudetto è soltanto diciannovesimo. Le milanesi fatturano meno di squadre di media classifica inglese come il Leicester City, il West Ham o il Wolverhampton.

Se si passa al paragone temporale, è evidente come l’Italia abbia smesso di crescere. Il fatturato del Milan è inferiore a quello della stagione 2012, dieci anni fa. Quello della Juventus non si è ancora ripreso dalla pandemia, facendo segnare un calo di 26 milioni sul 2018. Discorso simile per l’Inter, che subisce ancora un passivo di 34 milioni sulla stessa annata. Il paragone con la Premier League è anche questa volta impietoso: Il Manchester City, vincitore dell’ultimo campionato inglese, dieci anni fa era di dimensioni paragonabili alla Juventus o al Milan, con un fatturato di 316 milioni di euro. Dieci anni dopo ha raddoppiato il suo fatturato, portandosi in testa alla classifica di Deloitte Football Money League, a quasi 645 milioni.
Se i dati dovessero continuare a seguire l’andamento degli scorsi anni, lo scostamento tra Serie A e campionato inglese aumenterebbe notevolmente. E le squadre italiane proseguirebbero nella loro spirale discendente, sempre più lontane dal centro del calcio europeo.

Matteo Runchi

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