giovedì, 18 Aprile 2024

Il valore aggiunto di un allenatore, in campo e a bilancio

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Sui social è sempre più #AllegriOut, dopo la sconfitta della Juventus in casa Milan, con i tifosi che chiedono la testa del tecnico bianconero. Ma scegliere l’allenatore giusto ha un essenziale risvolto economico che rappresenta un rischio persino maggiore di compromettere carriere, trofei, reputazione: quello di perdere introiti. Che siano dai diritti TV, dal merchandising, dai premi UEFA o dallo stadio, tutte le squadre vogliono guadagnare di più. E se è vero che in campo ci vanno i giocatori, è ancor più vero che l’allenatore può prendere un buon giocatore e trasformarlo, con le giuste direttive e i giusti compagni, in una stella. O viceversa.
Insomma, se è vero che un buon allenatore è un valore aggiunto, come può essere quantificato questo valore?

Caso 1: Simone Inzaghi (Lazio, Inter)

Inzaghi ha recentemente dichiarato «Dove lavoro io aumentano i ricavi e arrivano i trofei», esemplificando un modo standard di valutare l’impatto economico di un allenatore: i proventi determinati dai risultati di squadra. Inzaghi alla Lazio raccoglie una società da 83 milioni di ricavi e, a fine rapporto lavorativo, lascia i biancocelesti con una stagione da 148 milioni di ricavi e una partecipazione agli ottavi di Champions League. C’è un altro fattore, però, che l’allenatore può influenzare: il valore dei giocatori. Sotto l’egida di Simone Inzaghi, ad esempio, il valore di mercato di giocatori come Sergej Milinkovic-Savic (da 12 milioni di costo a 90 milioni di valutazione massima nel 2018), Luis Alberto (costo di 4 milioni, valutazione massima di 55 a marzo 2020), Ciro Immobile (10 milioni di costo, 50 di massima nel 2018 e nel 2020) e Stefan De Vrij (6 milioni di costo, 40 di massima al momento dell’uscita dal contratto nel 2018) sono saliti a dismisura.
Poi, naturalmente, tradurre il valore in guadagno è un’incombenza che esula dai compiti dell’allenatore, ma non cancella il buono che Inzaghi ha fatto per Lotito e i suoi.
Veniamo all’Inter: i ricavi hanno registrato una crescita durante la permanenza del mister piacentino da 364,7 milioni a 439,6. Se la diminuzione della perdita netta può essere spiegata con la riduzione delle spese (che è, in fondo, il motivo dell’arrivo di Inzaghi stesso a Milano), l’aumento dei ricavi in sé è sicuramente un fattore positivo, così come i due trofei vinti.
Invariati, invece, i valori dei giocatori, con eccezione al positivo per Dimarco (da 10 a 18 milioni di valore) e Dumfries (13,7 milioni di costo, 25 di valore attuale) e contrazione per Correa (costo complessivo di 29,6 milioni, valutazione di 23). Il caveat, ovviamente, è che il periodo preso a campione è nettamente minore.

Caso 2: Massimiliano Allegri (Juventus)

Massimiliano Allegri raccoglie nel luglio del 2014 una squadra orfana di Conte, ma carica di talento. I ricavi nell’esercizio finanziario che lo precede ammontano a 315,8 milioni, e al momento del discusso esonero nel 2019 sono raddoppiati: 621,5 milioni. Raddoppiano i proventi delle gare, il cui merito va senz’altro anche al tecnico toscano, ma la cifra che lievita sono proventi dai diritti di immagine dei suoi calciatori, che passano da 36,4 a 156,1. Molto del merito di questa crescita è naturalmente correlato all’acquisto, nell’anno precedente, di Cristiano Ronaldo.
Quando nel 2021 Allegri torna alla guida dei bianconeri, quel tesoretto è parzialmente evaporato: ricavi da 480,8 milioni che, in un anno sotto la ritrovata direzione del tecnico toscano si riducono a 443 milioni.
Una cifra ridotta, ma complessivamente ancora nettamente superiore a quella maturata prima del 2014, segno che non tutto è andato necessariamente perduto.
Andiamo ai valori dei giocatori: Leonardo Bonucci migliora da 18 milioni di valore all’arrivo di Allegri fino alla cessione per 42 milioni al Milan e Dybala va da 41 milioni di costo a 110 di valore massimo nel 2018.
Interessante però è un caso che coinvolge una scelta tattica: Mario Mandzukic, arrivato dall’Atletico Madrid a 19 milioni nel 2015 e rimasto stabile fino al 2018 nonostante lo spostamento di ruolo da punta ad ala sinistra, sale a 25 milioni di valore proprio in coincidenza col ritorno al suo ruolo naturale di punta, nonostante i 32 anni di età.
Amore e odio, invece, il rapporto nell’ultimo anno con Alvaro Morata, preso in prestito a 20 milioni (ma con un valore del giocatore stimato a 36 milioni) per sopperire all’inattesa cessione di Cristiano Ronaldo nel 2020. Lo spagnolo sale a 50 milioni di valore sotto Andrea Pirlo, ma dal ritorno di Allegri è in picchiata, fino a toccare i 25 milioni di valore di giugno 2022 che convincono la Juventus a non dare seguito al prestito dall’Atletico Madrid.

Caso 3: Marco Giampaolo (Sampdoria)

Fresco di esonero per i non ragguardevoli risultati raggiunti con i blucerchiati, sarebbe facile dire che Giampaolo alla Sampdoria non lascia un ricordo degno dei precedenti con la stessa maglia. Precedenti che, in 3 anni, hanno segnato un netto miglioramento tecnico e patrimoniale dei doriani.
Da 59 milioni di ricavi nel 2015, infatti, il 2018 (ultimo bilancio interamente sotto la direzione tecnica di Giampaolo) si chiude per i blucerchiati con un fatturato di 129 milioni di euro.
I bilanci di squadre di media classifica, in Italia come altrove, sono però molto più influenzati dalle plusvalenze, e i valori di mercato aumentati si traducono molto più spesso in denaro reale dovuto alle cessioni. Alcuni esempi sono Milan Skriniar (comprato a 5,2 milioni e rivenduto un anno dopo a 34 milioni), Patrik Schick (da 4 milioni di costo a 42 di guadagno), Joachim Andersen (1,75 milioni di costo, 24 di guadagno), Luis Muriel (preso a 12 milioni e rivenduto a 24,5), Lucas Torreira (3 milioni di costo, 28,65 di guadagno) e Dennis Praet (8 milioni di acquisto, 19,2 di cessione). Anche così, si può comunque pensare che Giampaolo potesse fare persino di più: tra i giocatori allenati figura anche Bruno Fernandes, pagato 63 milioni dal Manchester United e dal valore attuale di 85 milioni. In questo caso, però, l’affare lo ha fatto lo Sporting Lisbona, che ha preso il trequartista dalla Samp per 9,7 milioni (comunque sufficienti a costituire una plusvalenza di 3,7 milioni per i doriani).
Nel 2019, tra i complimenti della stampa, Marco Giampaolo si accasa al Milan, in quel momento orfano di risultati e guida. E da lì, per l’uomo che aveva riportato a buoni livelli la Sampdoria, cala la notte: tre esoneri in fila e i suoi amati blucerchiati lasciati da fanalino di coda della Serie A.

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