venerdì, 26 Aprile 2024

Aquilino, Federpreziosi: «La sostenibilità valorizza la gioielleria»

Sommario
gioielleria

Oreficeria e gioielleria resistono alla crisi internazionale. Una resilienza, che ha permesso al comparto di risollevarsi in fretta dopo la pandemia. Nel 2019 le stime dicevano che l’industry avrebbe raggiunto il valore complessivo di 480,5 miliardi di dollari entro il 2025, previsione cancellata dall’arrivo del Covid-19 nel 2020, che ha visto un calo del 25% nelle vendite. Poi la ripresa dei consumi, ha permesso di compensare in parte le perdite subite nei mesi precedenti.

L’Italia è diventata il principale hub produttivo in Europa e sta attraendo investitori esteri. Intanto cresce la domanda di oro nel mondo, metallo più richiesto dai gioiellieri. In Borsa il Gold future mostra importanti segnali di ripresa, dopo la correzione di metà novembre. Il titolo ha superato infatti la resistenza di 1780-1785 dollari. Salgono anche i prezzi delle gemme, che reagiscono in ritardo alle oscillazioni di mercato. Prezzi che a gennaio erano già aumentati del 30% rispetto ai valori medi di mercato. La guerra ha provocato un ulteriore incremento del 10%.

Gioielleria, il caro energia pesa

«Sulla base delle elaborazioni effettuate dal Centro Studi di Confindustria Moda su dati Istat per Federorafi, nei primi cinque mesi del 2022 il settore orafo-argentiero-gioielliero prosegue nel sentiero espansivo, con esportazioni in aumento del 36,5% che sfiorano i 4 miliardi di euro, guadagnando un miliardo circa rispetto al medesimo periodo dello scorso anno. Il dato del commercio con l’estero evidenzia una lieve accelerazione rispetto al primo trimestre chiusosi a +31,9 per cento», spiega Giuseppe Aquilino, Presidente di Federpreziosi Confcommercio.

L’oro resiste alla guerra, mantenendo il proprio valore costante. Infatti, l’aumento del prezzo delle materie prime ha interessato in maniera solo marginale il metallo giallo. Al contrario delle altre materie prime di origine mineraria, che stanno facendo registrare continui aumenti di prezzo causati dagli effetti di guerra e inflazione. Ma potrebbero addensarsi all’orizzonte nuvole cariche di pioggia su un settore che rappresenta un’eccellenza italiana nel mondo. L’incidenza dei costi dell’energia inizia a pesare sempre più sui bilanci di orafi e gioiellieri.

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«È ovvio che il conflitto russo ucraino in corso, oltre a creare preoccupazioni, porta con sé nuove incertezze anche nello scenario orafo gioielliero. Il metallo giallo, la nostra materia prima per eccellenza, ha mantenuto quotazioni costanti, con variazioni minime da inizio anno, al contrario del materiale gemmologico. In tutta sincerità, ci saremmo aspettati, essendo l’oro il bene rifugio per eccellenza, un maggior vigore. Incidono sui costi, al pari di tutti i settori, le aumentate spese per il caro energia e il conseguente tasso di inflazione che ad oggi sfiora il 12%. Ad ogni modo è questo mese di dicembre che sarà per noi la cartina di tornasole per verificare l’effettivo stato di salute del mercato. Un bilancio che potrà essere chiaro solo durante Vicenza Oro a gennaio», aggiunge Aquilino.

Qual è la situazione della filiera?

«Stabile con addensamenti nuvolosi in arrivo. Il mio è il punto di vista da osservatore di parte, seppure privilegiato, poiché la maggioranza degli operatori che si riconoscono in Federpreziosi sono il “front office” del mercato che tocca con mano ogni variazione dei consumi. Posso dire che dopo il fermo dovuto al Covid siamo ripartiti grazie alla straordinaria capacità dell’intero comparto: dai produttori, ai distributori, ai nostri 13900 negozi. Dopo il crollo del mercato nel 2020, il settore ha conosciuto un boom di vendite sia a livello nazionale che internazionale. Unico caso nel Sistema Moda, ha recuperato con numeri importanti i fatturati persi, anche se nel retail non siamo ancora a livelli pre-pandemia».

Qual è la posizione della gioielleria italiana a livello internazionale?

«Il gioiello ideato e creato da noi, ha da sempre un impatto notevole. Il Made in Italy, con la cultura di prodotto che contraddistingue ogni creazione, catalizza l’attenzione ovunque. Basti pensare al successo che riscuote alle fiere internazionali».

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La qualità del Made in Italy è un valore aggiunto. Come enfatizzarlo ancora di più?

«Parlo del settore al quale appartengo. Il Made in Italy rappresenta la capacità manifatturiera unita a un know how artigianale in evoluzione, anche grazie alla rivoluzione digitale, alla creatività e capacità di innovare, alla flessibilità insita nelle PMI che compongono il sistema produttivo italiano ed in particolare il nostro settore. Per valorizzarlo è necessaria la consapevolezza di dover continuare a investire in sostenibilità ambientale e sociale, per attuare la vera innovazione, ossia la svolta epocale che serve al settore.».

Com’è la situazione dell’export?

«Il rapporto ICE e l’annuario ICE-ISTAT mettono bene in luce l’incidenza dell’aumento dei prezzi sull’andamento delle nostre esportazioni. Nel primo semestre del 2022 la crescita è stata del 22,4% sullo stesso periodo del 2021, ma la componente prezzo ha pesato per circa 20 punti percentuali mentre l’aumento dei volumi è stato del 2%. I prodotti italiani spopolano, sono sempre più ricercati e apprezzati. Il brand tricolore premia pasta e vini, ovviamente, ma anche gioielleria e oreficeria.

L’export continua a trainare l’economia italiana mettendo a segno rialzi a due cifre: nei primi sei mesi di quest’anno la crescita tendenziale dell’insieme dei prodotti “made in” venduti all’estero è del 22,4% rispetto al 2021, che a sua volta già era stata un’annata ottima (+18,2% rispetto al 2020, per un valore doganale complessivo pari a 581 miliardi di euro, un terzo del Pil) tale da superare di 7,5% il 2019, ultimo anno prima del Covid».

Cosa fare per contrastare la crisi e aiutare il settore della gioielleria a crescere?

«La crisi non si contrasta, si affronta. O meglio, rappresenta un’opportunità. Il gioiello, nelle sue molteplici declinazioni, è ancora un territorio in larga parte inesplorato che svela ogni giorno una nuova peculiarità che ci offre la possibilità per dialogare in maniera rinnovata con i nostri mercati di riferimento, a prescindere se domestici o esteri. Ma quale futuro attende allora le 8.200 aziende orafe italiane, che hanno generato 7 miliardi di euro di fatturato nel 2021 con l’export a quota 6,5 miliardi, tra problemi di mercato e scarsità di manodopera? Per non parlare del settore orafo al dettaglio. Dipenderà dalle strategie di chi riuscirà a trovare il giusto equilibrio fra cultura d’impresa e cultura di mestiere, innovazione, tradizione e comunicazione».

Quali misure a medio e lungo termine potrebbero aiutare la gioielleria e il Paese a crescere?

«Non sono un politico ma un imprenditore che attraverso la propria associazione rappresenta le istanze della categoria. Una categoria che al pari di tutte le altre ha beneficiato di uno o più supporti dello Stato in un momento buio della propria storia e che oggi auspica la conclusione del conflitto bellico in corso. Solo allora saremo in grado di tirare una riga e ripartire nel vero senso della parola. Sino ad allora saranno sempre palliativi ad essere messi in campo per contrastare questa o quella emergenza».

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A quanto ammontano le ricadute economiche e occupazionali sul territorio?

«Dal 2013 a oggi abbiamo perso circa 4000 punti vendita. Tenga conto che in termini di addetti ne abbiamo persi, per le attività al dettaglio, circa 3000 dal 2019. Questo è il quadro attuale».

Quanto è sostenibile il settore della gioielleria?

«Un recente report di McKinsey-BoF ci informa che entro il 2025 oltre il 30% degli acquisti di gioielleria sarà influenzato dal grado di sostenibilità dei brand. Una sfida, questa, che proprio le aziende del settore stanno raccogliendo già da diversi anni. Basti pensare al Kimberly Process. Da sempre profondamente legate alla realtà sociale, ambientale e culturale del territorio, le principali maison di gioielleria pubblicano ora il proprio Bilancio di Sostenibilità per misurare e certificare i passi compiuti. La sostenibilità entra dunque a pieno titolo tra i driver del cambiamento insieme all’elevata qualità e creatività che caratterizza il mercato e i relativi distretti italiani».

È possibile per il settore orafo adeguarsi alle sfide di una società in così rapida ed intensa evoluzione nel pieno della quarta rivoluzione industriale caratterizzata dalle tecnologie digitali?

«Sicuramente è possibile in un contesto nuovo che richiede alle persone e alle organizzazioni, quale può essere considerata Federpreziosi, di superare modelli e categorie consolidate per riapprendere in forme nuove e creative le competenze richieste al momento, che presto saranno sostituite da altre più avanzate».

Cosa fare?

«Stringere rapporti con gli enti di formazione per antonomasia quali le Università. Va in questa direzione l’iniziativa messa in campo da Federpreziosi Confcommercio Roma, presieduta da Pierpaolo Donati, con la Sapienza. Un viaggio verso nuove “esperienze preziose” che ci permette di garantire quegli strumenti formativi più adeguati alle attuali esigenze del settore. Senza dimenticare le principali nozioni specifiche quali le tecniche di lavorazione orafa, il design e la gemmologia, avendo la possibilità di usufruire dei laboratori messi a disposizione dall’Università. Il corso, inoltre, ha un importante ruolo nell’idea dell’orientamento professionale ed anche come mezzo di promozione del settore, essendo aperto a tutti» ©

📩 [email protected]. Il mio motto è "Scribo ergo sum". Mi laureo in "Mediazione Linguistica e Interculturale" e "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, specializzandomi in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di libri, spazio, crypto, sport e food. Scrivo per Istituto per la competitività (I-Com), Istituto per la Cultura dell'Innovazione (ICINN) e Innovative Publishing. Collaboro con Energia Oltre, Nuova Energia, Staffetta Quotidiana, Policy Maker e Giano.news.