L’inflazione fa crescere il prezzo della pizza. La causa principale? Un aumento del 27% del prezzo dell’olio d’oliva, accelerato dalla siccità, oltre che dai rincari, che ha colpito l’Italia e la Spagna. Quest’ultima è il principale esportatore mondiale e ha visto un crollo di circa il 50% della produzione.
Una pizza “salata”: ecco perché
Tra farina, pomodoro, mozzarella e olio d’oliva, il prezzo di quest’ultimo cresce a un ritmo più veloce rispetto agli altri (secondo l’indice Pizza Margherita di Bloomberg). Tanto che, per otto mesi consecutivi, il costo complessivo per realizzare una pizza in casa è stato almeno del 20% più alto. Meglio quindi optare per una già pronta, più cara solamente del 9,9%.
Nel solo mese di dicembre, preparare una pizza margherita costava il 30% in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Colpa dell’impennata dei prezzi di energia e cibo. Il governo italiano ha stanziato 75 miliardi di euro per aiutare i cittadini con le bollette del gas e dell’elettricità, ma saranno sufficienti se anche i prezzi di alimenti basilari della dieta mediterranea continueranno a salire?
Allarme olio extravergine
L’olio extravergine italiano potrebbe arrivare a costare anche 10 euro a litro. A lanciare l’allarme Coldiretti Puglia: «Con l’esplosione dei costi, aumentati in media del 50% nelle aziende olivicole. I rincari vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne, mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica. Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione».
Tra inflazione e siccità, alcune stime prevedono la produzione di olio d’oliva si abbasserà a 200mila tonnellate. Numero insufficiente a coprire il fabbisogno nazionale che si attesta a circa 600mila. A rimetterci sarà in primo luogo l’industria olearia e i suoi addetti. Ma anche l’economia del nostro Paese, che dovrebbe dire addio alle esportazioni per la mancanza di riserve. E ogni anno l’Italia esporta in media 400mila tonnellate di olio extravergine d’oliva.
«Avevamo parlato di un autunno caldo per l’olio d’oliva e purtroppo non ci siamo sbagliati – ha detto Andrea Carassi, direttore generale di Assitol, l’Associazione delle Industrie Olearie Italiane – la sproporzione tra consumi e produzione è tale che, da qui alla prossima estate, potremmo non avere olio a sufficienza per gli scaffali della grande distribuzione. Lavorare con quantitativi così ridotti di extravergine di oliva sarà molto difficile per le aziende che sono abituate a garantire i loro prodotti tutto l’anno». ©
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