La radio italiana è prossima a festeggiare il suo primo secolo di vita in perfetta salute, con investimenti pubblicitari per circa 369,3 milioni di euro. Su questo fronte, batte gli altri media tradizionali: è stata l’unica a chiudere il 2022 in positivo a +1,7%. Infatti televisione, quotidiani e periodici sono scesi rispettivamente del 5,2% (a 3,52 miliardi di euro), del 6,1% (a 437,2 milioni di euro) e del 4,8% (a 211,2 milioni di euro). Molto bene anche i primi numeri dell’anno in corso. Il settore radiofonico ha iniziato il 2023 con il botto, ovvero con investimenti pubblicitari a +16% nel primo bimestre, seguiti poi da un lieve rallentamento a marzo (-2,8%).
«Il primo quarter dell’anno si conferma certamente positivo, sia considerando i volumi di fatturato rilevati dal nostro Osservatorio che allargando la valutazione ad ulteriori parametri di analisi», ha spiegato il presidente Fcp-Assoradio Fausto Amorese. «La crescita del numero di inserzionisti e quella relativa alle campagne pianificate si attestano entrambe al +8%, mentre la crescita del volume (in secondi) degli spazi pubblicitari erogati registra un ottimo +11%».
Era il 1924 quando la radio fece il suo debutto nel nostro Paese, e ancora oggi conquista milioni di italiani. Nel dettaglio, nell’ultimo anno sono stati ben 33,8 milioni, con una percentuale di penetrazione del 64,8%. Numeri in crescita sul 2020 e 2021, ma ancora leggermente al di sotto le performance del 2019, pre-Covid. Oggi, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, guardiamo alla resilienza del settore radiofonico nonostante tutte le sfide e l’ascesa di nuovi mezzi di comunicazione.
La radio è ancora in gran forma
Oltre il numero di ascoltatori, aumentano anche i minuti d’ascolto. Nel 2022, la media è stata di 210 minuti al giorno, dato in crescita anche rispetto al 2019, che si attestava a circa 205 minuti. Ad apprezzare i contenuti radiofonici, in prima linea la Generazione X (coloro nati tra 1965 e il 1980) con il 76% di penetrazione, seguita a stretto giro dai Millenials (73%) e, infine, dalla Generazione Z (68%).
La radio, al contrario di quel che si potrebbe pensare essendo un mezzo di comunicazione “vecchio”, riesce a conquistare anche l’attenzione del pubblico più giovane, abituato a causa dei social media a contenuti brevi e immediati.
«Chiudere un 2022 così complesso con un valore positivo rappresenta certamente un elemento di grande soddisfazione. Nel periodo cumulato gennaio-dicembre è da evidenziare sia la significativa crescita degli inserzionisti del media radiofonico, che sale del +9%, che quella relativa al numero di campagne (+7%). Dei 24 settori merceologici che monitoriamo, ben 17 hanno chiuso l’anno con un valore positivo, a testimonianza di un riscontro di consensi presso la clientela che si rivela certamente allargato ed eterogeneo».
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