Medicina e sport sono sempre più strettamente interconnessi. L’attività fisica, si sa, è uno dei mezzi con cui ci si mantiene sani, si prevengono malattie e infortuni e si può aumentare l’aspettativa di vita. Ma le ultime scoperte della scienza medica non fanno che continuare a fornire ulteriori ragioni per fare sport. Viceversa, lo studio costante degli atleti fornisce un grande contributo alla conoscenza del funzionamento del corpo umano e, di fatto, all’accrescimento delle scoperte in ambito medico.
Un’evoluzione scientifica che spinge anche quella della tecnologia: negli ultimi anni, sono nati strumenti utilissimi per tenere sotto controllo il proprio corpo e per migliorare le proprie prestazioni. Assume quindi un ruolo chiave la figura del medico sportivo, il cui percorso formativo è legato a quello dei professionisti di medicina generale. Una figura sempre più afficancata da specialisti come match analyst e sport scientist.
Un quadro generale
Nel 2024, le spese italiane in sanità ammontano a 136 miliardi di euro l’anno, circa il 6,4 per cento del Prodotto Interno Lordo. Cifre in aumento rispetto all’anno scorso, ma che rimangono inferiori alla media dell’Unione Europea e dei paesi dell’OCSE. Manca il personale e spesso anche le strutture. Uno dei risultati più evidenti è l’allungamento delle liste di attesa. Anche se la nuova riforma attuata dall’Esecutivo promette di porre fine a questo annoso problema. Le disparità tra l’Italia settentrionale e il Sud sono evidenti, soprattutto con il processo di regionalizzazione della sanità, destinato ad accentuarsi ulteriormente con l’Autonomia differenziata. Il risultato è che molti sono costretti a rivolgersi a strutture private o, se non possono permettersele, a rinunciare alle cure: si parla di circa 4,5 milioni di persone.
Chi è il medico dello sport
La formazione del medico dello sport prevede il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia. Dopodiché, bisogna frequentare la Scuola di specializzazione in medicina dello sport e dell’esercizio fisico, della durata di quattro anni. Si tratta di percorsi a numero chiuso, per accedere ai quali è necessario il superamento di un concorso pubblico. Qui, oltre alle competenze specifiche legate alla conoscenza del corpo umano e del suo funzionamento nell’ambito sportivo, si impara anche come raccogliere ed elaborare i dati legati all’attività fisica, anche con il supporto della tecnologia e dell’intelligenza artificiale.
L’Italia, in questo, è stata pioniera. La specializzazione, nel nostro Paese, è stata infatti introdotta nel 1957, con la nascita di un’apposita Scuola Universitaria a Milano. A livello europeo, invece, il riconoscimento della specialità è stato piuttosto tardivo ed è arrivato soltanto nel giugno del 2024, sebbene alcuni Stati individualmente avessero già colmato questa lacuna.
L’ente di riferimento a livello internazionale è la Fédération Internationale de Médecine du Sport (FIMS). In Italia, invece, i professionisti sanitari dello sport sono riuniti nella Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI). Gli specialisti che ne fanno parte sono circa 4mila. Tra essi rientrano, ad esempio, i medici delle varie federazioni e quelli delle società di calcio. La FMSI ha sede presso il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e gestisce l’Istituto di Medicina e Scienza. Questo, oltre a essere il centro di riferimento per tutti gli atleti associati al CONI, è anche liberamente fruibile da qualunque cittadino. Inaugurato nel 1963, annovera oggi 25 differenti specialità mediche, legate alla salute atletica a 360 gradi.
Non solo agonismo
Va da sé, quindi, che il settore della medicina sportiva sia strettamente legato a quello dello sport e, anzi, ne sia una parte essenziale. L’ambito di azione di questa categoria di professionisti è estremamente ampio. Dallo studio della prestazione degli atleti a tutto quello che può migliorarla. Di conseguenza, il medico dello sport si occupa anche di nutrizione e più in generale di pratiche di vita quotidiana che servono a migliorare la longevità sportiva e a prevenire gli infortuni. Anche a causa dell’aumento delle manifestazioni d’alto livello per gli sportivi professionisti e dei ritmi sempre più incalzanti, gli incidenti tendono a verificarsi sempre più frequentemente, anche in forme molto gravi. Anche da questo punto di vista, la figura dei medici dello sport è fondamentale per ridurre i tempi di convalescenza e i conseguenti danni, anche economici.
Da questo punto di vista, la medicina dello sport è stata apripista nello scoprire nuove tecniche riabilitative e nuove terapie. Spesso eseguite in via sperimentale sugli atleti infortunati, se efficaci vengono poi utilizzate anche su pazienti non agonisti. Un discorso che vale anche per tutte le fasi legate alla prevenzione degli infortuni e al miglioramento delle performance.
La possibilità di monitorare in modo pressoché costante gli atleti, valutando l’interazione tra la nutrizione e l’attività sportiva, ma anche l’influenza della quotidianità sulle performance atletiche, apporta nuove conoscenze che spesso vengono trasferite anche al di fuori dello sport professionistico, permettendo a chiunque di perfezionare le proprie performance atletiche evitando di farsi male. È questo un fattore chiave per la longevità. Se oggi chiunque può praticare sport anche in età avanzata, è anche grazie all’evoluzione della scienza medica nello sport.
Le manifestazioni agonistiche
D’altra parte, la medicina dello sport nasce come supporto all’attività fisica in generale. Tra i compiti del medico sportivo, infatti, rientra anche la certificazione dell’idoneità alla pratica sportiva per i non agonisti. Il classico certificato medico necessario per iscriversi in palestra o a qualsiasi attività sportiva, insomma. E in Italia i parametri per ottenerlo sono più severi rispetto ad altri Paesi. Un rigore che vale anche per lo sport agonistico.
Esplicativa, in tal senso, è la vicenda di Christian Eriksen. Dopo l’arresto cardiaco subito nel corso di Euro 2020, il giocatore dovette lasciare l’Inter. Infatti, per via del defibrillatore sottocutaneo che gli era stato impiantato, il CONI non gli ha riconosciuto l’idoneità all’attività agonistica. È quindi rientrato in Premier League, dove oggi veste i colori del Manchester United. Va detto che la maggior severità delle norme nel Paese è orientata a una maggior tutela dell’atleta.
Proprio la vicenda del centrocampista danese è l’esempio di come la presenza di staff sanitario altamente formato sia fondamentale nel corso degli eventi sportivi. Non a caso, da qualche anno è obbligatorio disporre di personale medico nel corso di partite e gare di tipo agonistico, con annesse ambulanze e dotazioni di primo soccorso.
Passando al mondo del motociclismo, per molti anni a occuparsi della salute dei piloti è stata la Clinica mobile, fondata dal dottor Claudio Costa nel 1977 e che nei suoi oltre quarant’anni di attività ha salvato diverse vite. Dal 2022 Dorna (proprietaria dei diritti del Motomondiale fino all’ingresso di Liberty Media) ha interrotto la collaborazione, che costava alla società spagnola tra i 600mila e i 900mila euro l’anno, affidando il servizio al colosso iberico della sanità privata Quironsalud, che al contrario paga una somma (la cui entità non è stata resa nota) per essere presente nel paddock.
Le nuove attrezzature
Anche nell’ambito tecnologico, oltre che in quello prettamente medico, l’evoluzione di questa disciplina ha portato nel corso degli ultimi anni a diversi risultati positivi. Si pensi a tutti gli strumenti che oggi permettono di ricevere una gran mole di dati in tempo reale sull’attività fisica, con una precisione sempre maggiore. Un esempio sono tutti i dispositivi medici indossabili, come smartwatch, fitness trackers e contapassi. Sono in grado di monitorare diversi parametri, non soltanto durante l’attività fisica ma anche nella quotidianità. Dai battiti cardiaci alla respirazione, per arrivare persino ai dati che riguardano il sonno. Sono aspetti raccolti in tempo reale e che, se tenuti sotto controllo, permettono di intervenire in tempo in caso di problemi.
La diffusione di queste tecnologie è divenuta capillare, grazie alla facilità di utilizzo e alla non invasività, che le rendono facilmente utilizzabili anche dai non professionisti che praticano sport solo per passione o per tenersi in forma. D’altronde, pure chi non svolge alcuna attività fisica può trarne beneficio. Le vendite sono in costante crescita e a livello globale il giro d’affari dei wearable devices raggiunge oggi i 15 miliardi di dollari l’anno. Più complicate da utilizzare sono invece quelle attrezzature basate sui sistemi di realtà aumentata e virtuale. Si tratta per lo più di visori, caschi e occhiali, per ora adoperati per lo più a livello professionale, anche nella riabilitazione in seguito a infortuni.
Il valore economico
Negli anni sono sorte anche strutture specializzate nello studio e nell’analisi dell’attività sportiva. Queste, con il supporto di sistemi altamente tecnologici come quelli già citati, permettono di controllare e riprodurre fedelmente i gesti atletici degli sportivi. Una di queste è lo Human Performance Lab del Politecnico di Milano. In questo caso, i dati raccolti, non vengono usati soltanto per lo studio della prestazione fisica in senso stretto, ma anche per migliorare le meccaniche di gioco dei videogames e renderle sempre più fedeli alla realtà. Così facendo, aiutano in modo diretto la crescita degli esports, settore che soltanto in Italia fa girare più di 50 milioni di euro, e dei videogiochi, il cui volume d’affari nel Paese genera annualmente oltre 2 miliardi di euro.
La medicina sportiva dà ogni anno un contributo notevole all’economia globale. I progressi nella disciplina contribuiscono infatti a diversi ambiti economici oltre a quelli già citati. Dall’industria dello sport propriamente detta fino alla tecnologia sanitaria e l’ambito nutrizionale, sono tanti i settori che si giovano dei progressi di questa branca per far muovere nel mondo centinaia di miliardi di euro ogni anno.
Gli sport paralimpici
Tra le evoluzioni principali che la scienza ha portato nelle competizioni agonistiche c’è la nascita degli sport paralimpici. Con il supporto della tecnologia, le scoperte mediche hanno permesso l’introduzione di supporti e protesi grazie a cui anche atleti diversamente abili hanno la possibilità di gareggiare. L’evento principale della categoria sono i Giochi Paralimpici. Introdotti nel 1960 a Roma, oggi sono dotati di un proprio organismo mondiale che di concerto con il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) organizza congiuntamente le Olimpiadi e le Paralimpiadi. Ormai diverse manifestazioni sportive internazionali d’alto livello – per esempio, gli Slam di tennis – organizzano anche un torneo per atleti con disabilità, che si svolge parallelamente a quello classico. Un piccolo passo avanti verso uno sport maggiormente inclusivo, anche se dal punto di vista economico e della visibilità le differenze persistono.
I centri d’eccellenza
L’Italia può vantare diverse strutture mediche di alto livello specializzate proprio nella cura degli atleti. Si tratta per lo più di realtà private, con personale altamente formato e dotazioni tecnologiche di primo livello, di cui si servono gli sportivi professionisti e le società. Il più noto è quello di Villa Stuart, appartenente al gruppo romano Eurosanità. Il suo fatturato supera i 200 milioni di euro. La clinica è stata riconosciuta tanto dalla FIFA quanto dalla FIMS Centro medico d’eccellenza e ospita anche l’Istituto di medicina sportiva del CONI. Inoltre, non sono poche le squadre, anche dall’estero, che si affidano alla clinica per le visite mediche di routine dei propri tesserati o per la cura degli infortuni. Ma dei servizi di Villa Stuart possono usufruire anche i non atleti, che effettuano visite specialistiche, ricevono diagnosi, interventi e terapie.
Un’altra struttura di primo livello è quella di proprietà della Juventus, il J Medical. Inaugurato nel 2016 e costato ai bianconeri 10 milioni di euro, oggi il centro situato alla Continassa fattura oltre 12 milioni di euro e offre servizi a tutta la cittadinanza, rappresentando al contempo una scelta per atleti di primo livello. L’ultimo, in ordine di tempo, è Jannik Sinner, che si è curato qui dopo l’infortunio patito agli Internazionali di Roma. Riservato ai calciatori rossoneri è invece Milan Lab, aperto nel 2002 e costato 2,5 milioni, la prima struttura del genere in Italia. All’estero, gestiscono in proprio la salute dei propri sportivi anche Barcellona e Real Madrid. Quest’ultimo ha perfino esportato i propri metodi anche in altri Paesi, attraverso la Fundacion Real Madrid Clinics.
Il doping
Nota dolente in un quadro generalmente positivo, l’uso – e abuso – di sostanze dopanti rappresenta una vera e propria macchia per la disciplina. La pratica di somministrare agli atleti farmaci in grado di alterare le prestazioni, infatti, avviene sotto la stretta sorveglianza di medici. Alcune di queste sostanze, purtroppo, oltre a essere proibite dall’Agenzia mondiale antidoping (WADA), hanno anche effetti nocivi sulla salute a lungo termine degli sportivi. Negli scorsi decenni, si è assistito frequentemente a pratiche di questo tipo, in particolare in alcuni Paesi, che ne hanno fatto un uso sistematico. E che, falsando i risultati delle competizioni, hanno portato all’industria dello sport danni economici notevoli.
Tuttavia, proprio a partire da questi fenomeni, la scienza medica applicata allo sport ha potuto evolversi ulteriormente. La battaglia al doping si è evoluta di pari passo con le tecniche di somministrazione delle sostanze proibite, trovando sempre nuovi metodi per scoprirne l’uso e per contrastarlo. Nel frattempo, sono state introdotte nuove sostanze. Queste, pur aiutando gli atleti a recuperare prima dalla fatica o dagli infortuni, o a mantenere per più tempo sforzi di una elevata intensità, non sono considerate proibite e non creano danni per la salute degli sportivi. ©
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