Catturare la luce del Sole per portare elettricità nelle nostre case. Fantasia o realtà? Una prima risposta arriverà a novembre, durante il prossimo meeting dei ministri europei della scienza. Tra le proposte di discussione c’è infatti l’approvazione di Solaris, progetto che mira a commercializzare centrali orbitanti che trasformano l’energia del Sole in elettricità per la nostra rete. Nel frattempo, la European Space Agency (ESA) anticipa che è un obiettivo realistico, ma ci vorrà tempo. Il rapporto pubblicato dall’istituzione europea dice che abbiamo le basi tecnologiche e il know-how per costruire infrastrutture che portano l’energia dallo Spazio alle nostre case. L’impatto economico stimato sulla New Space Economy è importante, così come i benefici in termini di sicurezza energetica e decarbonizzazione. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per il futuro del Pianeta.
I benefici dell’energia solare
Immaginiamo grandi satelliti che orbitano intorno al Sole per catturare parte della grande energia che genera ogni secondo sotto forma di radiazioni elettromagnetiche. L’elettricità immagazzinata viene poi immessa nella rete elettrica terrestre. L’ESA stima che entro il 2040 le centrali solari space-based saranno realtà e potranno fornire elettricità a prezzi competitivi a utenze domestiche e imprese. Questa fonte potrebbe infatti sostituire le fonti fossili, insieme a eolico e fotovoltaico.
«Nel 2050 prevediamo che oltre il 40% dell’energia dell’UE proverrà dall’energia solare, se i paesi raggiungeranno i loro obiettivi», ha affermato Jochen Latz, consulente di McKinsey & Company.
Questo renderebbe il solare la fonte che contribuisce maggiormente al mix energetico dell’Unione Europea. Con importanti benefici per la sicurezza e stabilità della rete elettrica, risolvendo al tempo stesso il problema dello stoccaggio. Investimenti che avrebbero ricadute positive su diverse filiere, favorendo lo sviluppo della New Space Economy.
Le possibili applicazioni future di queste tecnologie e materiali space-based e space-related sulla Terra sono innumerevoli. Ad esempio, un gruppo di ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud lavora a una cella in grado di generare energia elettrica di notte sfruttando l’emissione terrestre di radiazione infrarossa piuttosto che l’assorbimento della luce solare. Attualmente il prototipo produce pochi milliwatt, l’obiettivo è renderlo 10.000 volte più potente.
Il sole che muove i satelliti e le altre navicelle
Il terreno sembra fertile per l’avvento dell’energia solare, un campo in cui l’industria spaziale è sempre stata all’avanguardia. Era il 1958 quando Vanguard 1 è stato lanciato in orbita dalla NASA. Le celle del primo satellite solare potevano convertire in elettricità solo il 9% della luce assorbita.
«Il costo del solare è diminuito rapidamente negli ultimi 20 anni, più velocemente di quanto la maggior parte dei player del settore si aspettava», ha aggiunto Latz. Un fenomeno favorito dalla sempre maggiore diffusione di queste tecnologie, culminata con la nascita della Space Economy. Ogni satellite di telecomunicazioni inviato nello Spazio dagli anni ‘60 ad oggi ha infatti sulla propria superficie pannelli fotovoltaici che generano elettricità, la convertono in segnale e la inviano sulla Terra. Le antenne poi trasformano le onde in energia elettrica.
«La fisica che muove l’intera filiera è esattamente la stessa per l’energia solare spaziale, ma la scala è completamente diversa. Solaris è un ponte per verificare che questo sia davvero fattibile e che sarebbe davvero utile prima di investire miliardi di euro», ha dichiarato Sanjay Vijendran, coordinatore per l’ESA del programma Solaris. La diffusione di razzi riutilizzabili rende inoltre l’invio di materiali nello spazio sempre più economico.
«Questo è il Santo Graal per l’energia solare spaziale. Un’innovazione non più futuribile, ma inevitabile nei prossimi cinque o sette anni. Nel 2015 è avvenuto un miracolo. Il razzo riutilizzabile Falcon 9 ha volato per la prima volta», ha affermato John Mankins, Presidente di Artemis Innovation Management Solutions. L’ex fisico della NASA stima che il prezzo per lanciare un chilogrammo in orbita nei prossimi anni scenderà da 1.000 a circa 300 dollari.