venerdì, 29 Marzo 2024

Le sfide del 2023: PNRR, ricerca e accesso allo studio. Carrozza, CNR: «Investiamo in istruzione e welfare»

La Presidente del CNR Maria Chiara Carrozza; health

Va dritta al punto Maria Chiara Carrozza, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che individua nel divario di genere e di accesso allo studio scientifico il grande vulnus italiano per la crescita. «Una società più equa, dove c’è diversità di genere, culturale, è una società di maggior successo», dice. «Ma per favorire un cambiamento è necessario partire da un orientamento precoce: anche se il numero di donne impegnate in ricerca scientifica sta crescendo, dobbiamo raggiungere le famiglie, le scuole, ma anche le periferie, la provincia… quei luoghi, cioè, dove la cultura scientifica fatica ad arrivare, facendo capire l’importanza dell’investimento nell’istruzione e fornendo anche gli strumenti per realizzarlo attraverso politiche attive e inclusive.
In parallelo, occorre agire sugli ostacoli che ancora frenano le carriere femminili nel mondo scientifico e accademico, a partire dal gap salariale fino ad arrivare a implementare misure di welfare per una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia, il sostegno alla natalità e alle pari opportunità: al CNR lo stiamo facendo con la messa a punto di un Gender Balance Plan».
Altri temi cardine del PNRR sono innovazione e digitalizzazione: i fondi previsti bastano?
«Il Piano destina alla ricerca e sviluppo 17 miliardi di euro, suddivisi tra ricerca applicata e sviluppo sperimentale, ricerca di base, azioni trasversali e di supporto e trasferimento tecnologico. Un’occasione unica e probabilmente irripetibile per instaurare il circolo virtuoso tra ricerca e innovazione e sviluppo economico e sociale del Paese: sarà determinante, infatti, la capacità di avviare una collaborazione fattiva tra settore pubblico e privato, che punti alla soluzione delle grandi sfide della società e che possa andare anche oltre al PNRR, con una visione nel lungo periodo facendo in modo, cioè, che gli investimenti previsti abbiano concrete ricadute sulla collettività».

Qual è il primo investimento da fare?
«In Italia mancano giovani ricercatori, su questo è necessario un grande investimento: come CNR stiamo prevedendo misure per attrarre talenti e, soprattutto, trattenerli. Ad esempio, attraverso la creazione di un ambiente positivo, all’interno del quale favorire lo scambio di idee e competenze, in cui possano trovare spazio la crescita e la carriera scientifica, aspetti che sono importanti quanto il reclutamento. In concreto, occorre poi lavorare sull’implementazione di strumenti che possano favorire la circolazione di cervelli, come la portabilità degli stipendi e le progressioni di carriera. Altro aspetto fondamentale è, poi, aprire le porte dell’Ente già ai giovanissimi: io vorrei che ogni Area fosse aperta agli studenti. Le attività di “terza missione” che svolgiamo su tutto il territorio sono molte e grazie alle celebrazioni del Centenario dell’Ente di questi giorni abbiamo una straordinaria opportunità».
Come faro per la ricerca ora c’è anche il traguardo raggiunto con la fusione nucleare…
«L’esperimento condotto negli Stati Uniti rappresenta una tappa fondamentale nel percorso per sviluppare la produzione netta di energia mediante fusione nucleare con una tecnica basata sulla fusione inerziale ottenuta mediante laser. Per la prima volta, in un esperimento di fusione inerziale, si dimostra in laboratorio che l’energia prodotta è maggiore di quella assorbita dal plasma. I risultati sono promettenti ma la strada è ancora molto lunga per riuscire a realizzare una “amplificazione” di energia con un processo pulito, senza emissione di gas serra e con disponibilità pressoché illimitata di combustibile. Si tratta di risultato di grande portata per la comunità scientifica che era atteso da tempo.
La comunità scientifica italiana, ed in particolare quella dei ricercatori del CNR, ha un posizionamento importante nell’ambito di queste ricerche soprattutto nel progetto internazionale ITER, che basa lo sviluppo della fusione nucleare sul confinamento magnetico, anche se presso il CNR ci sono ricercatori che hanno competenze anche sulla fusione inerziale. È pertanto importante continuare a investire e avere ben presente nell’agenda strategica italiana che la fusione nucleare sta raggiungendo grandi risultati e sta diventando un elemento di competitività geopolitica».

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La ricerca è alla base delle attività del CNRR


Quanto impatterà l’Intelligenza Artificiale sulla produttività delle aziende?
«Molto: negli ultimi decenni stiamo assistendo a una fase di grande cambiamento delle modalità produttive, con applicazioni di AI che sono diventate realtà non solo sul piano della ricerca, ma anche su quello economico, pienamente inserite in un complesso di innovazioni — pensiamo all’Internet of Things — che sta trasformando la realtà economica e sociale. Sempre nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il CNR coordinerà il primo partenariato esteso per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale: lavorando a fianco del sistema produttivo intediamo sviluppare una “strategia italiana” per dare impulso a un tema di ricerca di frontiera quale è quello dell’Intelligenza Artificiale, con applicazioni in molteplici settori».
Come il quantum computing rivoluzionerà la rete?
«Il computer quantistico è uno degli obiettivi del PNRR e il CNR è un protagonista delle ricerche in questo campo, per sviluppare nuove tecnologie. Inoltre occorre sperimentare ciò che è disponibile, per esempio il CNR è la prima istituzione italiana a partecipare al Quantum Network di IBM: un accordo grazie al quale i nostri ricercatori potranno utilizzare il Computer quantistico di IBM per applicazioni in vari ambiti, dalla comprensione del mondo fisico alla progettazione di nuovi farmaci. È uno sviluppo di frontiera strategico e molto promettente, che permetterà al nostro Paese di competere con altri tecnologicamente avanzati».
Quanto sta incidendo la crisi globale su ricerca e innovazione?
«In Italia, per quanto riguarda la spesa per ricerca e sviluppo (R&S) in rapporto al PIL, è in atto una lieve ripresa, così come è in crescita l’andamento del personale addetto in questo settore, soprattutto grazie all’incremento del personale nelle imprese. La crisi globale che stiamo attraversando può rappresentare un’opportunità per tornare a investire con maggior forza nella ricerca.
È una lezione che abbiamo imparato con la pandemia: oggi tutti capiscono l’importanza dei vaccini, ma il vaccino è un prodotto che nasce a valle di una ricerca fondamentale in biologia molecolare, in immunologia, in virologia. Senza questa ricerca di base, libera, curiosity driven, non avremmo avuto il vaccino in tempi tanto rapidi. Inoltre, oggi, la sfida a cui la comunità scientifica di tutto il mondo è chiamata è quella di confrontarsi con il limite stesso delle risorse disponibili e del nostro impatto sulla Terra, questioni che possono essere affrontate con metodo scientifico».

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Nella ricerca e nel lavoro è necessario attrarre cervelli e non farli fuggire all’estero


Le nostre università e istituti di ricerca formano ogni anno ricercatori eccellenti, spesso costretti però a trasferirsi all’estero per poter svolgere al meglio il lavoro di ricerca. Come fermare la fuga di cervelli?
«Ribadisco, nel mondo scientifico la circolazione dei cervelli rappresenta un valore aggiunto: il mio impegno, come presidente del CNR, è attivare però una circolazione positiva, che da un lato agevoli gli italiani che intendono tornare e dall’altro attragga e trattenga nel nostro Paese i ricercatori stranieri. Questo si basa sulla capacità di offrire loro un ambiente fertile, unitamente alla messa a punto misure concrete in gradi di allineare l’Italia ad altri Paesi, dal punto di vista del reclutamento, degli stipendi, delle carriere, della mobilità, del welfare. Accanto a questo, è necessario colmare la carenza di laureati STEM: dobbiamo dare un forte segnale ai nostri giovani, far loro capire l’importanza di investire in queste competenze per costruire il proprio futuro.
Quanto destina attualmente lo Stato alle attività del Consiglio?
Il fondo di finanziamento enti di ricerca che il CNR riceve ogni anno dal MUR è intorno a 600 milioni di euro, al quale si devono aggiungere i fondi di ricerca. Il governo Draghi nella finanziaria 2022 ha assegnato un finanziamento straordinario di 60 milioni, che nel 2024 potranno diventare 80 a seguito della approvazione dei risultati del piano di rilancio del CNR. Una azione di riforma scientifica e organizzativa per modernizzare l’ente. In più vi sono altre entrate da misure legislative finalizzate alle infrastrutture e ai giovani ricercatori».
Sul fronte degli investimenti in ricerca e innovazione, le aziende italiane sono in linea con il resto dell’Europa?
«Anche in questo settore nel nostro Paese si registrano segnali positivi, con una accelerazione, soprattutto durante l’ultimo decennio, anche grazie alle partnership sempre più numerose tra enti di ricerca e imprese. Manca ancora, però una visione sistemica, e la messa a disposizione del mondo imprenditoriale di strumenti – fiscali ed economici- che possano incentivare gli investimenti. Tuttavia, la Commissione Europea ha recentemente semplificato le regole per gli aiuti di Stato alle imprese che fanno ricerca e innovazione e che promettono di avere un impatto significativo soprattutto sulle piccole e medie imprese: un’ottima occasione per le realtà ad alto contenuto tecnologico che intendono investire nell’innovazione. Sono convinta, infatti, che questa misura potrà anche facilitare e potenziare la collaborazione pubblico-privato, fondamentale per per tradurre in termini di ricchezza materiale e di utilità sociale il valore scientifico delle scoperte dei nostri ricercatori».
Le aziende più innovative sono anche le più virtuose, dal punto di vista economico e ambientale?
«Spesso sì, perché mostrano un maggiore livello di attenzione e sensibilità verso i temi della transizione, che sono cruciali per il progresso scientifico e della società. Il sistema italiano è caratterizzato da tantissime piccole e medie imprese: in questo quadro di frammentazione, l’attenzione al mondo dell’automazione e dell’innovazione può costituire l’elemento cardine per favorire alleanze e crescita».
Quali sono i sistemi e le tecnologie dalle applicazioni industriali più promettenti?
«Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica in cui Intelligenza Artificiale e robotica faranno sempre più parte della società: lo vediamo, ad esempio, dal rapido sviluppo dell’Internet of Things, così come dalle applicazioni della robotica nell’ambito della sanità e del sociale. Un ruolo cruciale sarà svolto anche dallo sviluppo di tecnologie di tutela, recupero e valorizzazione degli ecosistemi e della biodiversità: come CNR, stiamo per far partire il Centro nazionale sulla biodiversità, che coinvolgerà circa 50 partner tra università ed enti di ricerca».
Quali benefici economici e ambientali porterà il nuovo processo per prevenire il deterioramento della pasta attraverso modifiche ai protocolli di confezionamento e l’aggiunta nell’impasto di probiotici antimicrobici?
«È un’importante innovazione che dimostra come la ricerca nel settore bio-molecolare possa avere applicazioni anche sulla vita di ogni giorno. In questo caso, i ricercatori dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche, lavorando in collaborazione con l’Università di Bari e aziende del settore, hanno messo a punto un processo che migliora gli standard di sicurezza alimentare, contribuendo anche a ridurre gli sprechi alimentari: il processo, infatti, consente di prolungare significativamente la “vita sullo scaffale” (shelf-life) della pasta fresca confezionata. Dal punto di vista del consumatore, oltre a poter contare su un prodotto di maggior durata e conservabilità, il vantaggio è anche quello di avere un alimento che mantiene le sue caratteristiche organolettiche tipiche: il processo di confezionamento è, infatti, “clean-label”, ovvero senza l’aggiunta ingredienti artificiali o sintetici».
Dalla tavola alle profondità marine: che cosa è emerso dalla prima missione di Gaia Blu, la nave oceanografica donata da Schmidt Ocean Institute?
«La nave sarà dedicata in particolare all’esplorazione del Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico, secondo un approccio di scienza aperta e di condivisione dei risultati. La sua prima missione si è svolta tra fine settembre e ottobre 2022 nei fondali del Golfo di Napoli e di Pozzuoli, della costiera amalfitana e dei grandi sistemi di canyon e banchi sottomarini che si estendono nella zona di mare profondo, acquisendo più di 5000 km2 di dati batimetrici ad altissima risoluzione. Tali dati permetteranno di conoscere con grande dettaglio la profondità del mare in ogni punto, di capire come è strutturata la morfologia dei fondali marini, identificare elementi che possono rappresentare un pericolo di calamità naturale, ma anche capire l’impatto delle attività antropiche sui fondali e capire lo sfruttamento sostenibile di alcune risorse che i fondali offrono».
A proposito di risorse, di altro genere, un grande passo per lo stoccaggio dell’idrogeno invece è stato fatto con la scoperta della nuova fase solida dell’ammoniaca?
«Si tratta di un fatto rilevante dal punto di vista applicativo, soprattutto per quello che riguarda la produzione e l’utilizzo dell’idrogeno: la possibilità di realizzare fasi solide di ammoniaca tramite l’applicazione di campi elettrici apre, infatti, la strada allo sviluppo di strategie di stoccaggio e di trasporto sicure per la produzione di idrogeno del quale l’ammoniaca è precursore».
Lo sviluppo produce tanta ricchezza, ma anche pericoli importanti…
«Come i danni ambientali, che ora dobbiamo affrontare, e molte disuguaglianze dal punto di vista globale: in Italia abbiamo un’aspettativa di vita oltre gli ottant’anni, ma a sole poche miglia di chilometri da noi abbiamo Paesi dell’Africa in cui l’aspettativa di vita può essere inferiore ai cinquant’anni, è su questo che dobbiamo intervenire. L’umanità tutta è di fronte a una rivoluzione industriale che impone di cambiare modello economici, passando da un’economia di tipo lineare a un’economia circolare. Il concetto stesso di materia prima deve cambiare: non dovremmo più parlare di “materie prime”, che già oggi mancano, ma di materie che riutilizziamo. Sostenibilità è la parola chiave che deve guidare la strategia da seguire».
Per diffondere messaggi come questo uno dei mezzi utilizzati è la componente ludica dei videogiochi, che li rende potenziali veicoli di informazione riguardo tematiche e innovazioni scientifiche, dando alle persone gli strumenti per decifrare il presente e approcciare la complessità del futuro. Tuttavia, il confine tra natura e artificio è sempre più labile, questo rappresenta un rischio soprattutto per i più giovani…
«Il problema della dipendenza è stato recentemente messo in luce da uno studio internazionale al quale ha contribuito anche l’Istituto di fisiologia clinica del CNR, che ha rilevato come in Europa un ragazzo su cinque sia ad alto rischio di gaming problematico (circa il 20%), con particolare attenzione verso i maschi, la cui esposizione al fenomeno risulta tre volte più alta rispetto alle ragazze. Anche in Italia non siamo esenti dal problema, sebbene il rischio di gaming problematico risulti maggiore negli Stati dove sono più marcate le disuguaglianze economiche e minori gli investimenti nelle politiche di salute pubblica. In questo ambito, infatti, il supporto emotivo delle famiglie – che rimane centrale nel prevenire il fenomeno – va di pari passo con adeguate politiche di protezione sociale che forniscano un maggiore sostegno economico, e quindi risorse per attività ricreative che favoriscano un sano sviluppo degli adolescenti.
Detto ciò, vi sono casi in cui questi strumenti rivelano un enome potenziale positivo: nei nostri laboratori dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica di Messina, ad esempio, stiamo sperimentando il trattamento di bambini affetti da patologie dello spettro autistico mediante l’ausilio delle nuove tecnologie, tra cui anche i videogiochi e le applicazioni di realtà virtuale: è un lavoro straordinario. Nel mondo scolastico, poi, investire sulla programmazione potrebbe rappresentare un utile aiuto per contribuire a sviluppare, già nelle fasce più giovani, il cosiddetto “pensiero computazionale”, competenza che consente di acquisire una solida comprensione del mondo digitale: è uno degli obiettivi del Piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027 della Commissione europea». ©
Antonia Ronchei

Direttore de il Bollettino dal 2020, giornalista dal 1998. Dopo esperienze nel campo musicale e culturale, mi sono occupata di attualità, politica ed economia in radio, tv e carta stampata. Oggi dirigo un giornale storico, del quale ho fatto un completo restyling e che vede coinvolta una redazione dinamica e capace: ho la stessa passione del primo giorno, ma con un po’ di esperienza in più.