Il prezzo dei prodotti alimentari sale sempre di più e gli italiani scelgono cibi low cost dall’Estero.
L’inflazione crescente non solo appesantisce il carrello e alleggerisce il portafogli degli italiani, ma provoca anche un aumento dei rischi per la salute dei consumatori. Coldiretti ha stilato una “black list” dei cibi importati più pericolosi. La classifica è basata su dati del Rapporto 200 del Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF). Lo strumento comunitario indaga i pericoli legati agli alimenti che possiamo trovare sui nostri scaffali. Le minacce riguardano la possibile presenza di residui chimici, microtossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti.
Crescono gli allarmi alimentari
L’associazione segnala che nel 2022 gli allarmi alimentari in Italia sono stati 389, il 31% in più rispetto all’anno precedente. L’80% ha riguardato cibi provenienti dall’Estero. Agricoltori e allevatori italiani devono fronteggiare una duplice minaccia: l’“invasione” di prodotti provenienti da Paesi con costi di produzione e manodopera minori. La seconda è il cambiamento climatico. Alla siccità ormai endemica si è aggiunta l’ondata di maltempo che si è abbattuta sull’Italia. Ironia della sorte, la pioggia è finalmente arrivata, ma in quantità tale da provocare diversi allagamenti, con ingenti danni a allevamenti e colture. Una situazione che si ripercuote sulle tasche degli italiani.
I cibi costano sempre di più
L’Ufficio studi della CGIA di Mestre dice infatti che paghiamo sempre di più per beni e servizi di prima necessità. Parliamo di cibo e bevande, ma anche di trasporti pubblici, bollette e spese di condominio. Nel 2022 gli italiani hanno speso in media 2.016 euro al mese, 171 euro in più (+3,8%) rispetto al 2021. Di questi, 1.202 euro sono andati nelle cosiddette “spese obbligate”, il 59,6% del totale.
Ogni mese i consumatori hanno pagato 511 euro per l’acquisto di cibo e bevande analcoliche. L’indice dei prezzi all’ingrosso di Unioncamere rivela che a novembre 2022 i rincari generali del settore food rispetto all’anno precedente ammontano al 13,6%. Il riso guida la speciale classifica, protagonista di un incremento del 100,9% rispetto allo stesso mese del 2021. Da giugno a novembre dello scorso anno il prezzo dell’alimento è lievitato del 10,9%. Particolarmente male i risi medi e Lunghi A, che dovranno anche fare i conti con una perdita di raccolto stimata di oltre il 30%.
Al secondo posto troviamo l’olio d’oliva, soggetto a aumenti del +7,2% rispetto a novembre 2021, +21% da giugno. Il dato più preoccupante riguarda la carne, alimento che si aggiudica la medaglia di bronzo dei rincari. I prezzi del tacchino, in particolare, a novembre sono schizzati in alto del 4,1% rispetto al mese precedente. Invece, l’ultima rilevazione indica che il costo dell’alimento è rimasto invariato su base mensile. A fine anno sono arrivati timidi segnali di ripresa, grazie a un calo di 7,5 punti percentuale rispetto a ottobre. La performance delle quotazioni si conferma molto positiva se paragonata a un anno fa (+26,9%).
La black list dei cibi più pericolosi dall’Estero
Se gli economics sembrano rassicurare, a preoccupare è l’import. La carne occupa infatti il primo posto nella lista, stilata da Coldiretti, dei cibi più pericolosi provenienti dall’Estero. In particolare, il pollo proveniente dalla Polonia guida la classifica negativa del 2022, con 263 allarmi segnalati dal RASFF per sospetta presenza di salmonella. Parliamo del più grande mercato dell’Europa centro-orientale. L’economia polacca rappresenta infatti più del 35% della quota del PIL della zona. La Polonia cresce da trent’anni, a differenza dell’Italia, e nel 2019 ha fatto registrare un aumento del 4% rispetto all’anno precedente. Neanche la crisi provocata dalla pandemia è stata in grado di invertire questo trend positivo. L’economia del Paese è fortemente legata alle catene del valore dell’Unione Europea.
La Germania è il principale partner commerciale dello Stato, che occupa il 25% dell’import export polacco. Seguono il Regno Unito, la Repubblica Ceca e la Francia. L’Italia si posiziona al quinto posto per export (4,6% delle esportazioni totali della Polonia) e al quarto per importazioni (5,1% dell’import italiano). Tra i prodotti che arrivano maggiormente nel nostro Paese ci sono, appunto, beni alimentari e bevande, oltre a attrezzature per il trasporto, metalli, elettrodomestici e prodotti metallurgici.
Le altre posizioni della classifica dei cibi più pericolosi
Al secondo posto della black list di Coldiretti troviamo invece gli agrumi, responsabili di 239 potenziali minacce per la salute dei consumatori. Particolare attenzione a mandarini e arance che provengono dalla Turchia (176 allarmi) e Egitto (63). Il rischio è di ingerire residui di pesticidi utilizzati nella coltivazione. La Turchia è il Paese da cui arriva il maggior numero di cibi potenzialmente contaminati. Il Paese compare infatti ben tre volte nella “black list” dei cibi più pericolosi. Prodotti che sono responsabili del 13% degli allarmi alimentari scattati in Europa. Oltre a residui di pesticidi, mangiando peperoni e agrumi turchi si rischia di incorrere in salmonella e ossido di etilene.
Nel 2022 l’Italia si è distinta come quinto partner commerciale della Turchia. L’interscambio totale ha toccato 1,8 miliardi di dollari (+16,8% rispetto al 2021), di cui 768 milioni di import (14,5%) e 1.025,3 milioni di export (18,6%). Il saldo finale è positivo per la Turchia: 256,3 milioni di dollari. Importiamo principalmente autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, ma i prodotti dell’agricoltura, pesca e silvicoltura occupano una fetta importante del totale.
Nei gradini più bassi della lista nera troviamo il pepe nero brasiliano e i semi di sesamo indiani, sempre più presenti nelle insalate. Entrano di diritto in classifica anche i fichi secchi tunisini (57 allarmi). L’India e la Polonia si aggiudicano l’argento, responsabili dell’8% delle notifiche complessive.
La Cina al primo posto per allarmi sui materiali a contatto con i cibi
Le maggiori preoccupazioni per la salute arrivano dalla Cina. Dall’Impero del Dragone cui giungono la metà degli allarmi sanitari riguardanti i materiali a contatto con gli alimenti (MOCA). Sono sempre più infatti le aziende cinesi che vendono stoviglie e altri prodotti fatti con sostanze non autorizzate. La polvere di bambù si presenta come un prodotto naturale, ma in realtà è composta di plastiche e altri componenti che possono finire nel cibo. Ad esempio ammine aromatiche, melamina e formaldeide. Un problema che esiste da molti anni, che negli ultimi tempi l’Unione Europea sta cercando di fronteggiare con un’azione decisa. Una strategia che mira a impedire l’introduzione di questi oggetti sul mercato dell’UE.
Si muovono anche i singoli Stati membri con azioni autonome per tutelare la salute pubblica. Già nel 2020 Finlandia, Irlanda, Spagna e Austria hanno annunciato la sospensione di distribuzione e import di questi prodotti. Un esempio seguito a febbraio 2021 anche da Belgio, Olanda, Lussemburgo e Francia, che hanno sospeso la commercializzazione di prodotti fatti di bambù e plastica. Nello stesso periodo, anche il Ministero della Salute italiano ha messo al bando i materiali contenenti polvere di bambù e sostanze simili, compreso il mais. Una decisione che, come evidenzia la nota del Ministero stesso, risponde alle ripetute allerte alimentari sugli oggetti a contatto con i cibi. Dal 2019 le segnalazioni del Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF) su questo tema sono state ben 77.
Coldiretti: Turchia in testa alla classifica
«In generale, in testa alla classifica dei Paesi dai quali arrivano i prodotti più contaminati c’è la Turchia, presente per ben tre volte nella top-ten dei cibi più pericolosi e responsabile del 13% degli allarmi alimentari scattati in Europa. A seguire, l’India e la Polonia, imputabili per l’8% delle notifiche complessive, ma Coldiretti segnala che le preoccupazioni vengono anche dalla Cina, che rappresenta quasi la metà delle notifiche relative ai materiali a contatto con gli alimenti, per la presenza di sostanze non autorizzate nei prodotti di plastica, come il bambù e la migrazione di ammine aromatiche, melamina, formaldeide, etc.», commenta Lorenzo Bazzana, Responsabile Economico Coldiretti.
«Per far fronte a questo problema l’Ue ha lanciato un’azione sui materiali a contatto con gli alimenti contenenti “polvere” di bambù, venduti illegalmente nel mercato dell’Ue, che ingannano il consumatore con finti prodotti “naturali” ed “ecologici” quando in realtà sono di plastica e rappresentano un rischio per la salute, in quanto possono trasferire sostanze indesiderate al cibo».
Un’emergenza che, come sottolinea Coldiretti, non riguarda solo i Paesi in via di sviluppo ma che, per effetto della globalizzazione degli scambi e della competizione al ribasso sui prezzi, si estende anche a quelli più ricchi.
«I pericoli maggiori secondo la nostra associazione sono venuti da prodotti ortofrutticoli, in particolare peperoni, mandarini e pompelmi turchi contenenti residui di pesticidi e dalla carne di pollo polacca contaminata dalla Salmonella, ma si conferma, rispetto allo scorso anno, anche il rischio della presenza di ossido di etilene nei semi di sesamo provenienti dall’India, utilizzato tal quale nelle insalate ritenute salutistiche e come ingrediente in molti prodotti dell’industria alimentare. Non si tratta peraltro di quantità trascurabili per l’Italia, visto che nel 2022 le importazioni di carne di pollo dalla Polonia sono più che raddoppiate (+126%) rispetto al 2021, raggiungendo la quantità di 15 milioni di chili, secondo l’analisi di Coldiretti sui dati Istat relativi ai primi otto mesi dell’anno.
Entra invece nella black list l’Egitto, sia con le arance, che presentano residui di pesticidi non autorizzati nell’Ue come il Chlorpyrifos e che pongono anche grossi problemi sull’identità territoriale, in quanto spesso vengono spacciati per prodotto nazionale, sia con le arachidi, che hanno fatto registrare un elevato contenuto delle cancerogene aflatossine. Nella lista si confermano poi il pepe nero brasiliano contaminato da Salmonella e i fichi secchi turchi, i pistacchi iraniani e le arachidi dagli Usa per la presenza di aflatossine», aggiunge Bazzana.
Quanto è cresciuto l’import di cibi potenzialmente pericolosi?
«Sono cresciuti del 31% gli allarmi alimentari in Italia con ben 389 notifiche inviate dal nostro Paese all’Ue, di cui ben otto su dieci (80%) hanno riguardato cibi provenienti dall’estero. È quanto emerge dal dossier Coldiretti sulla Black list dei cibi più pericolosi sugli scaffali venduti in Italia dove è scattato più di un allarme alimentare al giorno. Con l’aumento dei prezzi degli alimentari cresce la presenza di cibi low cost importati dall’estero che fanno balzare gli allarmi alimentari secondo l’analisi Coldiretti sulla base dell’ultimo Rapporto Annuale della Commissione Europea sul Sistema di allerta rapido europeo (Rasff) pubblicato nel 2022, che registra gli allarmi per rischi alimentari verificati a causa di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti nell’Unione Europea.
Carne di pollo low cost polacca, agrumi come mandarini e pompelmi dalla Turchia, peperoni sempre turchi, pepe nero brasiliano e semi di sesamo dall’India, di moda per le insalatone salutiste, sono ai primi posti primi della “black list” dei prodotti alimentari più pericolosi per la salute rilevati nella Ue, nella quale entrano per la prima volta anche le arance dall’Egitto, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati del Rapporto Rassf».
Come incentivare le persone ad acquistare cibi sani?
«L’88% degli italiani vuole il divieto di ingresso nei mercati nazionali dei prodotti provenienti da paesi privi di regole sociali, di sicurezza e sanitarie analoghe a quelle italiane e della Ue, secondo l’analisi Coldiretti/Censis. Secondo la stragrande maggioranza dei cittadini è inutile imporre alle imprese italiane leggi sempre più severe se poi si consente ad imprese spregiudicate o a interi settori produttivi di altri paesi senza legislazioni analoghe di invadere il mercato italiano con prezzi stracciati, magari sfruttando il ricorso a lavoro semischiavistico o minorile o, anche, a produzioni senza rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale».
Quali sono le vostre proposte sul tema?
«Occorre garantire che le importazioni di prodotti da paesi terzi rispettino gli stessi standard sociali, sanitari e ambientali delle produzioni italiane ed europee. È importante che l’Ue assicuri il principio di reciprocità nei rapporti commerciali a partire dal trattato Ue-Mercosur. Un’accordo che rischia di aprire le porte a prodotti che utilizzano più di 200 pesticidi non autorizzati e aumentare deforestazione e inquinamento. Questo mette in ginocchio le imprese agricole europee». ©
Articolo tratto dal numero dell’1 febbraio 2023 de il Bollettino. Abbonati!