La moda tira il freno a mano. Ma il lusso regge. Eh sì, perché sembra che il settore fashion si stia dirigendo verso un rallentamento globale nel 2023. I colpevoli? Le crescenti tensioni macroeconomiche e il crollo della fiducia dei consumatori. L’intero comparto sarà tuttavia sostenuto dal segmento luxury, di cui si stima una crescita fino al +10%. È quanto emerge dall’ultimo report sullo stato del sistema moda The State of Fashion 2023 realizzato da McKinsey & Company e The Business of Fashion. Ma i momenti più difficili sono anche quelli in cui in cui si accende la fiamma del cambiamento e della crescita, nonostante le stime al ribasso, infatti, non mancano le opportunità per brillare.
Il mercato globale del lusso
Nel 2022 ha compiuto un balzo in avanti, per un cifra stimata di 1.400 miliardi di euro. Tuttavia, proprio mentre l’industria della moda stava iniziando a rimettersi in piedi dopo le turbolenze del Covid-19, gli ultimi mesi dell’anno passato hanno nuovamente gettato fuori rotta marchi e rivenditori fashion. Il deterioramento delle condizioni macroeconomiche e geopolitiche ha impattato pesantemente sul settore nella seconda metà dell’anno e, guardando al 2023, continua a tenere le aziende con il fiato sospeso. Le entrate del comparto sono diminuite con il progredire del 2022.
La guerra in Ucraina, iniziata a febbraio, ha infatti innescato una serie di eventi, tra cui la crisi energetica e l’interruzione delle catene di approvvigionamento. Con il conseguente aumento dei costi e dei prezzi delle materie prime. Allo stesso tempo l’inflazione preoccupante in molte delle principali economie mondiali ha portato le banche centrali a varare aumenti dei tassi di interesse, ponendo fine a un lungo periodo caratterizzato da tassi estremamente bassi e persino negativi, nel tentativo di mitigare l’aumento dei prezzi e contribuire a guidare le economie lontano dalla recessione.
Questi fattori spingono ampiamente verso uno stato di fragilità globale, che farà vacillare il business della moda, almeno nel breve termine. Si prevede che la crescita del PIL globale frenerà dal 3,1% del 2022 al 2,2% del 2023, per poi risalire al 2,7% nel 2024. La minaccia di una recessione incombente su molte delle principali economie arresterà dunque la crescita mondiale. In totale, McKinsey stima una crescita globale delle vendite di moda di lusso dal 5% al 10%, mentre il resto del settore oscillerà tra un -2% e un +3%.
Al di là delle differenze tra lusso e giocatori di altri segmenti, ancor più pronunciate saranno le differenze regionali.
Ad esempio l’economia statunitense, nonostante il rallentamento, almeno sul fronte moda dovrebbe essere più robusta di altre principali economie mondiali. L’Europa soffre invece di una pesante crisi energetica e di un euro indebolito rispetto a un dollaro USA forte; mentre la Cina è ancora alle prese con la gestione della pandemia. Basti pensare che secondo il Bain China Luxury Report 2023, dopo una crescita esponenziale durata cinque anni, nel 2022 il mercato del lusso personale si è contratto del 10% su base annua. Anche se gli analisti di Bain sono fiduciosi nella ripresa del Paese nell’anno in corso.
Come dovranno muoversi le aziende in questo scivoloso contesto?
La mappa mondiale per la crescita del settore sta cambiando e i mercati che un tempo mostravano un solido potenziale si trovano ora ad affrontare una gamma di rischi più ampia rispetto al passato.
In questo complicato quadro, altre regioni come il Medio Oriente possono diventare nuovi paradisi per il business e per la rilocalizzazione dei brand.
Le aziende non solo dovranno tener conto dei rischi e delle nuove opportunità finanziarie, ma dovranno ripensare anche le loro operazioni. Per rispondere in modo più efficace al rischio, molti player aggiorneranno le proprie strutture organizzative, introducendo nuovi ruoli o elevando quelli esistenti o, ancora, implementeranno e rinnoveranno il mix dei canali di distributivi (retail, wholesale e online).
Visto che i presupposti del 2023 sono tutt’altro che rosei, per le aziende di moda la vera sfida è rimanere attraenti per i clienti che, con l’aumento del costo della vita, stanno modificando radicalmente le loro abitudini d’acquisto. I comportamenti dei consumatori dipenderanno in gran parte dal loro reddito. Infatti, soprattutto chi vedrà scendere la propria disponibilità economica probabilmente taglierà tra le prime cose la spesa sull’abbigliamento o opterà su articoli scontati e canali low cost.
E in Italia cosa succederà?
Dopo un 2022 da record, con il settore moda in ascesa del +16% con ricavi a quota 96,6 miliardi (il valore più alto degli ultimi 20 anni), anche noi nell’anno in corso non saremo immuni alla frenata generale. Il 2023 sarà positivo, ma non eccezionale. Nel complesso, il giro d’affari è pronto a superare il tetto di 100 miliardi, tuttavia la crescita subirà una forte battuta d’arresto: l’incremento sarà infatti solamente del 4%. Anche secondo l’Area Studi Mediobanca l’outlook per il 2023 resta positivo, seppur con aumenti meno esponenziali rispetto all’ultimo biennio.
La Cina, dal canto suo, lo scorso anno ha giocato un ruolo fondamentale per la moda e il lusso. Rallentando la crescita anche dei più grandi gruppi. L’arresto è stato in gran parte causato da problemi legati al Covid-19, inclusi i blocchi nelle principali città, che hanno portato a un calo del traffico dal 30 al 35%; cui vanno a sommarsi il calo della fiducia dei consumatori e il potere d’acquisto indebolito dai tassi più elevati di disoccupazione e minor reddito disponibile. Nonostante le difficoltà, Bain afferma che la Cina è ancora un “colosso della crescita del lusso” e prevede il ritorno delle “condizioni positive”. Adesso, i leader del comparto stanno tenendo d’occhio la regione, poiché un suo rimbalzo avrà un ruolo di primo piano nella performance complessiva dell’intero mercato nel 2023.
E basta dare un occhio ad alcuni dati finanziari delle aziende quotate per rendersene conto. Zegna, ad esempio, ha mancato le aspettative degli analisti per l’intero anno 2022 a causa delle sfide in Cina. Dove le vendite sono diminuite del 16,1% a 494 milioni di euro. «Escludendo la regione della Greater China, che è stata interessata dalle restrizioni legate al Covid-19 per tutto il 2022, in particolare da metà marzo a fine maggio e poi di nuovo nel quarto trimestre, i ricavi sarebbero aumentati del 42% su base annua per l’esercizio 2022 e del 24,7% nel quarto trimestre», ha affermato la società quotata al Nyse da dicembre 2021. Parole che danno un’idea lampante dell’influenza che il Paese può avere sul mercato moda-lusso. Ma Zegna non è stata l’unica vittima.
Anche le ultime performance di Burberry sono state intaccate e nel terzo quarter ha visto le sue vendite rallentare a +1% a causa del brusco crollo del 23% del turnover in Cina. Così come quelle della holding svizzera Richemont, che ha sempre puntato molto sulla domanda cinese e che ha visto i suoi ricavi cedere del 24% nel Paese. Anche il business di giganti del calibro di Lvmh e Kering è stato sfiorato, seppur senza conseguenze di rilievo. Ciò che è certo è che la regione rimane cruciale per lo sviluppo dell’industria soprattutto nel lungo termine, anche se gli analisti di Bain sono ottimisti sulla ripresa entro l’anno.
L’effetto YOLO nel lusso è super atteso
Negli ultimi decenni, il mercato della moda è stato uno dei settori più importanti e influenti dell’economia globale. Tuttavia, il suo futuro dipenderà anche da altri fattori come la crescente consapevolezza ambientale dei consumatori, l’impennata delle vendite online e la diffusione della tecnologia in tutto il processo di produzione e distribuzione. La consapevolezza ambientale, ad esempio, ha avuto un impatto significativo sul business.
I consumatori stanno diventando sempre più preoccupati per il peso che l’industria ha sull’ecosistema, e ciò si traduce in un cambiamento delle preferenze di acquisto. In linea di massima, dovrebbero cercare di prediligere capi di abbigliamento prodotti in modo sostenibile e di alta qualità, piuttosto che articoli di fast fashion e di bassa qualità. Ma è davvero così? Benché abbiano spinto i marchi a mettere la sostenibilità (ambientale e sociale) in cima alle loro attività, la maggior parte dei consumatori è stata relativamente riluttante a pagare di più per beni sostenibili.
I driver del futuro
Ciò porta a pensare a una nuova crescita dell’abbigliamento second hand e del reselling, visto come un modo alternativo per essere sostenibili. Risparmiando al contempo denaro, data l’incertezza economica. Sottolineiamo che quando si parla di sostenibilità, l’attenzione è anche rivolta alle pratiche di produzione della fashion industry e alle condizioni degli addetti ai lavori. Una cattiva pubblicità sarebbe fatale, anche per le maison più famose e per i grandi gruppi. Da una parte ciò ha portato a una maggiore attenzione alla trasparenza e all’etica aziendale. Dall’altra a visto i consumatori prediligere brand che si impegnano per una produzione sostenibile e per garantire condizioni di lavoro dignitose ai propri lavoratori. Ciò significa che l’andamento del mercato dipenderà sempre più dalla capacità dei marchi di adattarsi a questi nuovi standard. Per non parlare poi delle vendite online e tecnologia.
Il commercio digitale, spinto dalla crisi pandemica, ha portato a un cambiamento significativo nei modelli di vendita al dettaglio e nelle dinamiche dell’intero sistema. Il canale online è diventato fondamentale per sopravvivere e le aziende del settore si sono adattate a questo cambiamento per rimanere competitive. Lo hanno fatto attraverso ingenti investimenti e spesso anche con nuove, specifiche, nomine ai vertici amministrativi. Sul fronte tech, invece, lo scorso anno si è registrato un picco di interesse su tutto ciò che riguarda crypto, realtà aumentata e mondi virtuali. Tuttavia dopo il boom iniziale, soprattutto gli universi digitali sembrano aver perso appeal. Ma è ancora presto per capire se ci sarà un vero e proprio potenziale redditizio per la moda qui. In ogni caso l’integrazione tecnologica riguarderà anche tutti gli aspetti della produzione e della distribuzione; mentre la realtà aumentata migliorerà l’esperienza d’acquisto online e in-store.
La personalizzazione è un’altra tendenza che sta plasmando le strategie delle aziende. I consumatori cercano sempre più di esprimere la propria individualità attraverso la scelta di prodotti di moda creati ad-hoc e unici. E al momento l’industria della moda sta rispondendo a questa esigenza con l’adozione di tecnologie come la stampa 3D e la produzione su ordinazione. L’interesse per i marchi che offrono prodotti personalizzati, dal design all’adattamento alle misure specifiche del cliente, sarà sempre maggiore. Durante la pandemia c’è stata una grande attenzione nel realizzare quante più vendite possibile, con l’acquisizione di clienti in cima alle priorità. Nel 2023, i rivenditori penseranno a nuove strategie per tenerseli stretti una volta acquisiti. È più conveniente infatti avere una base solida di clienti esistenti e attivi piuttosto che cercare di acquisirne di nuovi.
Per quanto riguarda la logistica, invece, si cercherà di avvicinare “a casa” la produzione e la fornitura di materie prime. Al fine di esercitare un maggiore controllo sulla distribuzione. Alcuni retailer stanno cercando di eliminare le complessità del commercio transfrontaliero. Per beneficiare di soluzioni di stoccaggio più convenienti e più vicine. Anche nell’ottica di ridurre i tempi di consegna e garantire ai consumatori un servizio più rapido. Per un’industria sempre più customer centric. ©
Articolo tratto dal numero del 15 marzo 2023 de il Bollettino. Abbonati!
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