venerdì, 19 Aprile 2024
Sommario

La tassazione non ferma gli investimenti in crypto. La nuova legge di Bilancio stabilisce che «le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate», saranno soggette a una tassazione del 26%, come per gli altri redditi diversi. Questa tassa che sarà valida solo per plusvalenze superiori a 2.000 €, si applicherà a tutte le crypto-attività, includendo quindi i token valutari e NFT. Viene così coperto il vuoto normativo fino ad oggi esistente in materia. Intanto le quotazioni delle valute digitali continuano a correre, le due tipologie più capitalizzate, Bitcoin ed Ether (token nativo di Ethereum) mostrano un incremento del 71% e del 54,5% rispettivamente.

Ma com’era regolato prima il settore?

Fino allo scorso anno le crypto erano soggette alla normativa fiscale relativa alle valute estere. Quindi, le plusvalenze non concorrevano a formare reddito, a condizione che la giacenza posseduta non fosse superiore ai 51.645,69 € per almeno sette giorni lavorativi continui.

Nel 2023, le operazioni in criptovalute sono fiscalmente rilevanti solo in caso di conversione della valuta digitale stessa in una moneta fisica, cioè a corso legale come euro o dollari. La sostituzione tra criptovalute con caratteristiche e funzioni identiche non ha rilevanza fiscale. L’intervento legislativo si propone di fare chiarezza, mettendo in evidenza il crescente fenomeno delle criptovalute.

Tuttavia, in mancanza di ulteriori chiarimenti, l’applicazione pratica di questa normativa può risultare complicata e potrebbe generare numerosi contenziosi. Infatti, sono ancora numerose le incertezze sull’introduzione della nuova normativa fiscale.

Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 prevede che la tassazione del 26% si applichi soltanto alle plusvalenze superiori a 2.000 euro, come già accennato. Tuttavia, non è chiaro se questo limite di esenzione sia cumulativo, cioè se tenga conto del saldo complessivo generato da tutte le transazioni in criptovalute effettuate nell’arco dell’anno, oppure, se si riferisca a ciascuna operazione singolarmente. Inoltre, nel caso di due transazioni effettuate sulla stessa criptomoneta, ad esempio Bitcoin, ma tramite due intermediari o piattaforme di scambio differenti, non si sa se si debba prendere in considerazione la singola operazione o il saldo cumulativo.

Ma mentre diversi Paesi europei come l’Italia hanno introdotto una tassazione, più o meno stringente, sulle valute digitali, altre Nazioni offrono politiche più amichevoli. Vediamo quali e in che modo.

Malesia

La Malesia non tassa le plusvalenze e i redditi da crypto per la maggior parte degli investitori. Infatti, il Paese asiatico non le riconosce come moneta legale. Tuttavia, le valute digitali sono esenti da imposte solo se non costituiscono una forma di reddito ripetitiva o regolare; cioè le attività come il day trading vengono tassate.

Isole Cayman

Le Isole Cayman rappresentano un rifugio fiscale conosciuto dagli investitori che operano in molteplici mercati finanziari. Anche nel settore delle criptovalute, queste isole si distinguono come una delle nazioni in cui non si applicano imposte specifiche. L’ente preposto alla regolamentazione fiscale del Paese, ovvero la Cayman Islands Monetary Authority, non prevede l’applicazione di imposte sulle plusvalenze o sul reddito per i residenti. Inoltre, le imprese non sono soggette a tassazione sulle società.

Tuttavia, è importante considerare che il costo della vita nelle Cayman è piuttosto elevato. Il Paese genera gran parte delle sue entrate attraverso la vendita di beni di lusso, il turismo e la concessione di permessi di lavoro. Di conseguenza, sebbene le isole possano rappresentare un’opzione allettante per gli investitori nel campo delle crypto, è fondamentale considerare anche gli altri aspetti legati alla vita quotidiana.

Porto Rico

Nonostante sia un territorio degli Stati Uniti, il governo locale di Porto Rico ha una regolamentazione diversa in materia di tasse. Per quanto riguarda le crypto, i residenti sono soggetti a un’aliquota d’imposta federale sul reddito molto più bassa rispetto agli altri cittadini americani. Inoltre, se si acquistano beni digitali come residenti dell’isola, non si è soggetti ad alcuna imposta sulle plusvalenze. Questo implica che, qualora una persona si trasferisca a Porto Rico e acquisti criptovalute nel territorio, non sarà soggetta al pagamento di tasse. Tuttavia, per asset digitali acquistati al di fuori del Paese, sarà necessario rivolgersi all’Agenzia delle Entrate della Nazione di origine.

Germania

Anche se le crypto non sono completamente esenti da imposte in Germania, il Paese ha leggi fiscali relativamente amichevoli. Per gli investitori che detengono criptovalute a lungo termine, la legge tedesca considera questi asset come beni privati e non come valute. Pertanto, se un investitore detiene una criptovaluta per più di un anno, eventuali guadagni derivanti dalla vendita di tale asset sono esenti da tassazione. Inoltre, i guadagni a breve termine in criptovalute inferiori a 600 euro non sono tassati. Tuttavia, se si ottiene un reddito da criptovaluta o un profitto superiore a 600 euro dalla cessione di valute digitali dopo meno di un anno di detenzione, si pagheranno le normali aliquote dell’imposta sul reddito, che vanno dal 14% al 45%, a seconda del reddito complessivo dell’individuo.

Malta

Malta è conosciuta come la “Blockchain Island” grazie alla sua politica favorevole nei confronti delle crypto e alla promozione dell’innovazione nel settore. In termini di tassazione, non esiste un’imposta sulle plusvalenze a lungo termine per le criptovalute detenute come investimento. Tuttavia, l’attività di trading è soggetta all’imposta sul reddito delle persone fisiche, con aliquote che variano dal 15% al 35%, a seconda del livello di reddito. Il governo maltese valuta diversi fattori per determinare la tassazione del reddito derivante dal trading, tra cui l’entità del guadagno, la residenza fiscale del contribuente e la natura dell’attività speculativa.

Singapore

Singapore non ha un’imposta sulle plusvalenze; ciò significa che gli investitori individuali possono disporre delle loro crypto in modo completamente esente da imposte. Nella maggior parte dei casi, gli asset digitali non sono soggetti all’imposta sul reddito. Il Governo di Singapore considera inoltre le crypto come beni immateriali. Ciò significa che se si acquistano beni o servizi utilizzandole, lo scambio è considerato un baratto piuttosto che un pagamento. Quindi, mentre i beni o i servizi sono tassati, le crypto no. Invece, se si tratta di un’azienda che utilizza valute digitali come pagamento, è prevista un’imposta sul reddito.

Portogallo

Il Paese ha introdotto una tassazione sulle valute digitali a partire dall’anno fiscale 2023. I profitti ottenuti dalla vendita di criptovalute detenute per meno di 12 mesi sono soggetti al 28% di imposta. Mentre, i guadagni ottenuti da cessione di valute digitali detenute per oltre un anno, sono esenti. Il reddito ordinario generato dalle criptovalute, ad esempio lo staking viene tassato al 15%, mentre quello derivante dal mining è soggetto a un’imposizione fino al 95%, a seconda del reddito generato e delle spese sostenute. Gli investitori che percepiscono redditi in criptovaluta su piattaforme estere potrebbero beneficiare di un’esenzione fiscale, a condizione che il reddito sia già tassato nello Stato di origine e che esista un accordo di doppia imposizione tra il Portogallo e il Paese in questione.

Svizzera

La Svizzera non ha un’imposta sulle plusvalenze per gli investitori individuali. I redditi derivanti da attività come lo staking e il mining sono soggetti a un’imposta sul reddito compresa tra lo 0 e il 13,2%. Inoltre, lo Stato elvetico applica un’imposta sul patrimonio, compresi i cripto-asset, che varia dallo 0,5 allo 0,8% a seconda del cantone di residenza. Tuttavia, se si tratta di trading, la situazione cambia. I guadagni derivanti dal trading di criptovalute possono essere soggetti all’imposta sul reddito, che è circa il 23%. Questo è applicabile principalmente alle attività di trading svolte da imprese e privati.

El Salvador

Il Paese è noto per essere il primo Stato ad accettare il Bitcoin come moneta legale. Nel 2023, El Salvador ha eliminato tutte le tasse relative all’innovazione tecnologica in questo settore, comprese quelle sul reddito, sulle plusvalenze e sulla proprietà. Di conseguenza, il reddito e le plusvalenze realizzate con le criptovalute sono esenti da imposte. Come bonus per gli investitori in Bitcoin, le imprese di tutto il Paese sono tenute ad accettarli come pagamento per beni e servizi.

Emirati Arabi Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) non applicano imposte sul reddito o sulle plusvalenze per gli investitori individuali. Dubai, in particolare, ha un’imposta sul reddito personale pari allo 0%. Ciò significa che un residente fiscale a Dubai, indipendentemente da quanto guadagni dalle crypto, non dovrà pagare alcuna tassa sul reddito o sulle plusvalenze. Inoltre, gli EAU non prevedono requisiti di segnalazione per gli investimenti personali in criptovalute. Tuttavia, è importante notare che i beni e i servizi sono soggetti a un’IVA del 5%, compresi quelli acquistati con criptovalute. ©

Credits photo: Chris-Putnam, Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 maggio 2023. Abbonati!

Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “l’esperto risponde”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]