lunedì, 29 Aprile 2024
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plastica

Cina e Russia ostacolano il Trattato globale sulla plastica. Intanto, l’impatto ambientale del materiale è sempre più pesante. L’obiettivo delle 180 Nazioni è chiudere il discorso entro il 2024, ma mancano altri tre incontri del Comitato Intergovernativo di Negoziazione (CIN). Oggi non c’è l’accordo sui dettagli e la cronaca dell’ultima riunione suggerisce che il Trattato potrebbe vedere la luce più tardi del previsto. Una pessima notizia per l’economia circolare.

A che punto è il Trattato sulla plastica?

La riunione di cinque giorni del CIN, che si è tenuta a Parigi, ha portato a una prima bozza del Trattato globale sulla plastica incentrata sul principio che è necessario invertire la rotta in maniera decisa. Il riciclo e riutilizzo non sono sufficienti ad arrestare gli effetti negativi sull’ambiente, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), ma bisogna puntare anche sulla riduzione della produzione e sul taglio delle emissioni di CO2 prodotte durante l’intero ciclo di vita del materiale.

Un principio che compare già nella risoluzione delle Nazioni Unite di marzo 2022, che ha dato origine al Trattato in questione. Infatti, l’atto ha stabilito che per risolvere uno dei problemi che mettono più a rischio il benessere del Pianeta e dei suoi abitanti è necessario adottare un approccio chiamato full life cycle. In altre parole, ridurre l’impatto ambientale di questo materiale nel suo intero ciclo di vita. Parliamo quindi di smaltimento, ma anche di produzione e utilizzo. Ogni anno nel mondo produciamo 400 milioni di tonnellate di plastica, 14 delle quali finiscono nei nostri mari. Solamente il 10% viene recuperato, il restante 90% finisce in discarica, è dispersa o bruciata. Dati che dimostrano la scarsa efficacia delle misure messe in campo sino ad oggi.

La prima bozza del Trattato indica 3.000 sostanze tossiche collegate alla produzione di plastica: diossine, idrocarburi, additivi cancerogeni, interferenti endocrini, PFAS, bisfenoli e metalli.

Scendono in campo i lobbisti del petrolio

La maggior parte dei delegati delle 180 nazioni è d’accordo con questa impostazione, ma c’è un gruppo di Paesi produttori di petrolio che cerca di rendere i limiti meno stringenti o almeno guadagnare tempo. Un obiettivo riuscito in parte nel corso dell’ultima riunione del CIN, poiché due dei cinque giorni sono stati persi a parlare di procedure di voto, anziché di misure e tempistiche. Il fronte dei contrari conta tra le sue fila l’Arabia Saudita, la Cina, il Brasile, l’India e la Russia.

I lobbisti del petrolio vogliono evitare ogni limitazione alla produzione di plastica, ridurre gli obblighi del Trattato a misure volontarie, concentrarsi sulla gestione dei rifiuti e opporsi alla graduale eliminazione di questi materiali.

Plastica, le possibili conseguenze

La strategia proposta da Arabia Saudita, Cina, Brasile, India e la Russia si può riassumere in poche parole: risolvere il problema plastica incrementando il riciclo.

Se il fronte dei contrari riuscisse a imporre la sua linea il Trattato globale perderebbe gran parte del suo potenziale e si svuoterebbe di senso. La stessa transizione verso l’economia circolare subirebbe un duro colpo, poiché si tornerebbe a politiche che si basano sul solo riciclo, tralasciando gli altri pilastri del modello sostenibile: riuso e riduzione della produzione.

Il documento rappresenta un’opportunità di invertire la rotta, ma il suo futuro sembra sempre più incerto. Sono in programma altri tre incontri tra i big del mondo. Il prossimo sarà a novembre a Nairobi, in Kenya. Solo il tempo dirà se avranno successo. Certo è che, se così fosse, sarebbe una cattiva notizia per l’ambiente. ©

Credit: Canva.com

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