Le tensioni geopolitiche alimentano una crescente incertezza nei mercati finanziari, portando gli investitori a cercare rifugi sicuri per proteggere il loro patrimonio. In questa situazione, aumentano le risorse investite in beni come l’oro, i buoni del tesoro poliennali (Btp) e, in alcuni casi estremi, persino la liquidità. I titoli della difesa diventano popolari a causa del loro impatto diretto sui conflitti.
Cresce l’interesse per l’educazione finanziaria
«Il complesso contesto economico e finanziario vissuto negli ultimi due anni, dominati da inflazione e volatilità, rappresenta il catalizzatore per una maggiore attenzione verso i temi finanziari da parte di tutti», dice Daniele Cammilli, Head of Marketing di Pictet Asset Management.
L’interesse per l’educazione finanziaria registra una crescita del 10% rispetto ai livelli del 2021. I giovani diventano sempre più attenti, con il 50% del campione che vi dedica regolarmente del tempo su base settimanale. Contenuti digitali e social network tra i principali canali seguiti, con un +10% in due anni.
Solo nel 2022 la fiducia verso le piattaforme social è aumentata del 17%; tuttavia, il 35% del campione dei più giovani sostiene di non trovare contenuti o referenti adeguati, soprattutto a causa della presenza dei tanti creatori digitali che – attirati dalle tendenze e dai soldi delle sponsorizzazioni – al contrario delle testate giornalistiche e degli esperti del settore, non sembrano avere preparazione e informazioni attendibili.
In Italia bassa conoscenza degli strumenti di investimento
«L’accresciuto interesse verso la finanza stenta a tradursi in conoscenza e padronanza degli strumenti di investimento, a causa della complessità percepita dai risparmiatori. Ciò determina scelte finanziarie inefficienti, focalizzate spesso sul breve termine».
Tra gli investitori, il 45% investe in obbligazioni e il 21% in immobili. Paradossalmente, i giovani, più idonei a investire in azioni in ottica di lungo termine, affermano di preferire la liquidità (65%) o il mercato immobiliare (24%), mostrando poco interesse e scarsa conoscenza di strumenti a loro più adatti, quali i PAC (Piani di Accumulo del Capitale).
In Italia, l’introduzione di tematiche finanziarie nei programmi scolastici di educazione civica è stata favorevolmente accolta. Nell’ultimo anno, la maggiore complessità del mercato, unita alla velocità e superficialità dell’informazione, ha generato un forte bias rispetto all’orizzonte temporale di investimento.
A prevalere è infatti la visione di breve termine, un dato che emerge dalla preferenza per canali che offrono contenuti semplici e immediatamente fruibili (i social network). Tra gli investitori, il grosso dei portafogli risulta carico di titoli governativi italiani (45%) e di investimenti immobiliari (21%), con appena un 11% di azioni, mostrando una scarsa diversificazione del rischio.
Il confronto con l’Europa
In Europa, l’interesse per i temi finanziari cresce in tutti i Paesi rispetto al 2022, con Francia e Germania allineate all’Italia, Spagna in ritardo e UK sopra la media, in linea con il relativo livello di conoscenza. Si conferma in crescita anche il desiderio di saperne di più sui temi della finanza.
Tra gli obiettivi perseguiti nel voler migliorare l’educazione finanziaria, l’importanza di realizzare i propri progetti di vita si posiziona al primo posto in tutti i Paesi, a eccezione del Regno Unito, dove prevale l’interesse a investire i propri risparmi.
In Spagna, invece, è ancora fortemente sentita la necessità di imparare a risparmiare. Le peculiarità culturali e la maturità degli investitori dei diversi Paesi incidono sulla fiducia nei confronti degli operatori, tra pubblico e privato, e sul ruolo che questi assumono nei programmi di educazione finanziaria.
Nel complesso, il 2023 vede una fiducia unanime e in netta crescita verso le istituzioni; in Francia particolarmente elevata anche quella verso gli assicuratori, mentre in UK ci si fida di più dei consulenti finanziari. Anche sul piano europeo, il ruolo dei social network e degli eventi digitali si conferma in crescita. Al contrario, si ridimensiona quello della carta stampata e della televisione, come anche di blog indipendenti e influencer (ad eccezione che in UK).
Riguardo al compito educativo, sono le istituzioni a prendersene maggior carico in tutti i Paesi, in particolare in Italia e Spagna: il 48% identifica lo Stato e i regolatori come mandatari principali. Fa eccezione il Regno Unito, dove il 30% lo attribuisce ai consulenti. ©
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Articolo tratto dal numero del 15 novembre 2023. Abbonati!