giovedì, 25 Aprile 2024

Rischio stagflazione? L’economista Bisin frena: «In Italia non c’è da preoccuparsi»

Di evidente e certo oggi c’è una prospettiva che spiazza. Perché dopo la ripartenza post lockdown di fine 2021, quando gli analisti brindavano al 6,5% di Pil – dato Istat – e all’abbondanza di aiuti in arrivo dall’Europa, la nostra economia tira il freno a mano.

Un’inchiodata che cerca di evitare uno schianto doloroso, contro il muro del Pil annuale previsto da Fitch intorno al 2,7% e di un’inflazione stimata sopra al 5%. Il rischio stagflazione si mostra sempre più nitido e vicino in un panorama d’incertezza che influenza i mercati, duramente colpiti anche dal conflitto russo-ucraino.

«L’unica certezza è che la transizione energetica, se pur necessaria, è stata eccessivamente accelerata, da un punto di vista geopolitico», dice Alberto Bisin, economista e accademico italiano, professore di economia presso la New York University. «Non credo affatto che nel complesso le conseguenze saranno devastanti per l’Europa e per l’Italia in particolare. Certo, alcuni settori, come quello dei beni di lusso e un certo turismo saranno colpiti maggiormente dalle sanzioni, ma tutto sommato, non trovo la situazione così allarmante. Resta un fatto: che la Russia, al di là della questione energetica, ha rilevanza economica limitata».

La guerra rinfocola l’inflazione e ferisce la ripresa e diffonde incertezza, il nemico numero uno degli investimenti. E, ancora, aumenta il costo delle materie prime, alimentari e non, con inevitabile riduzione del potere d’acquisto dei consumatori e della redditività delle imprese. Insomma, la stagflazione è una reale minaccia? 

«No, io non credo a effetti così drammatici. L’inflazione è un problema reale, ma se in parte essa è dovuta a problemi di offerta post-covid, ora abbiamo capito che la sua causa principale sta nelle politiche monetarie e fiscali espansive di questi ultimi anni, negli Stati Uniti soprattutto, ma anche in Europa. Ovvio che l’aumento dei costi di energia e materie prime non aiutino, ma l’inflazione si ferma operando sulle aspettative di famiglie e imprese. Lo abbiamo imparato dopo gli anni ’70 e ’80 ed è ancora vero. La Fed è in ritardo, ma sembra aver capito. Vedremo la Bce. La guerra è importante ma non fondamentale in questa battaglia». 

Quali Paesi sono più esposti? 

«Se i costi della guerra si manifestano soprattutto in termini degli aumenti di prezzo di energie e materie prime, i Paesi più esposti sono quelli meno ricchi di energia e materie prime. E quindi, l’Italia è tra questi, certamente».

L’economia italiana perciò rischia più di quella di altri Paesi?

«I rischi per l’economia italiana sono i soliti: come il fatto di utilizzare la crisi, che sia essa politica, militare o economica, per favorire e giustificare interventi di breve periodo, assistenziali, senza seguire un progetto di investimenti che permetta al Paese di entrare a pieno titolo in una fase di crescita e di modernità». 

Ma esiste un modo in cui potremmo giocare questa partita?

«Utilizzando lo spazio fiscale europeo per politiche di razionalizzazione della crescita e non di assistenzialismo inefficiente. E, chiaramente, ripensando alla transizione energetica senza preconcetti ideologici, con pragmatismo e intelligenza». 

L’Europa pare avere un ruolo importante questa volta, crede che le carte a disposizione potrebbero rivelarsi vincenti? 

«L’Europa gioca un ruolo politico fondamentale, per una volta unita, motivata da un anelito morale per la democrazia e la libertà politica e civile. Questo potrebbe darle forza non solo nei rapporti politici ed economici con l’est europeo a guerra finita, speriamo al più presto, ma anche nei confronti degli Stati Uniti, che di una Europa attrice di primo piano hanno sempre più bisogno». 

Come reagiscono le politiche di bilancio e le politiche monetarie? 

«Le politiche di bilancio e le politiche monetarie fanno bene a tenera la barra dritta: reagire a inflazione e a disoccupazione come da copione, in modo il più possibile pre-determinato da regole generali, senza quella discrezionalità che tende poi sempre a far da ancella alla peggior politica». 

Parliamo dei prezzi del gas e del petrolio. Nonostante la guerra tra Russia e Ucraina e il sistema delle sanzioni, che sicuramente ha causato un aumento dei costi di importazione, l’incremento pare essere già il risultato di una manovra delle compagnie che importano e distribuiscono il gas in Italia. E molti hanno gridato alla speculazione. Cosa ne pensa? 

«Onestamente non ho elementi per valutare l’esistenza di attività speculative da parte delle compagnie. In generale è molto difficile farlo. Noto però che quando la politica urla alla speculazione spesso cerca capri espiatori per i propri errori precedenti o per presunti errori della parte politica avversa. Un buon esempio di questo atteggiamento è l’amministrazione Biden, quando addossa la responsabilità dell’inflazione alle frizioni di offerta dopo Covid e alla guerra di invasione dell’Ucraina. Se politiche speculative nel mercato di gas e petrolio sono in essere in Italia è perché la struttura di mercato le permette ed è compito della politica governare e regolamentare la struttura di mercato delle varie industrie, prima tra tutte quella energetica, così centrale nel sistema economico di un Paese privo di fonti primarie». 

L’impennata delle materie prime impatterà sulla spirale prezzi/salari? 

«Impatterà sui prezzi. Indurrà una spirale inflazionistica solo se genererà sostenute aspettative di inflazione da parte di famiglie ed imprese. Questo dipenderà in misura fondamentale dalla politica monetaria e in parte meno rilevante dalla politica fiscale». 

Parliamo della Cina. Putin ha chiesto aiuto: secondo lei è in grado di mantenere in vita l’economia russa, anche al netto delle sanzioni dell’Occidente?

«Certo che la Cina è in grado di mantenere in vita l’economia russa: la Cina è dieci volte più grande della Russia in termini di reddito. Ma la Cina non ha interesse a fomentare una situazione geopolitica che riduca la tendenza mondiale verso la globalizzazione. Una sostenuta incertezza riguardo a investimenti e commercio internazionale non può che danneggiare le potenze economiche come Stati Uniti e Cina».

Fino a che punto secondo lei tale alleanza potrà arrivare operativamente e quanto la Cina vorrà e potrà fare? 

«La Cina ha interesse, nel breve periodo, a danneggiare l’Occidente, a usare la Russia come spina nel fianco del mondo occidentale, il cui sistema politico economico è basato su democrazia e libertà (con tutti i limiti e i problemi del caso, naturalmente). Ma nel lungo periodo, gli interessi della Cina sono molto meglio allineati con quelli di Stati Uniti ed Europa che non con quelli della Russia. Anzi, le ossessioni di grandezza della Russia – siano esse motivate storicamente o puramente dalla fantasia narcisista del suo governo autocratico – cozzano con il il pragmatismo economicistico della Cina». 

Sul piano finanziario l’esclusione parziale dalla rete Swift non appare più “l’arma nucleare” di cui si parlava, se non altro perché non può che portare la Russia a inserirsi nella rete autonoma cinese, la Cips, che stentava a decollare e potrebbe ora trovare nuova linfa. Cosa ne pensa?

«Non credo che “l’arma nucleare” fosse l’esclusione da Swift – ma piuttosto il blocco delle riserve della Banca Centrale – che erano state ammassate in previsione delle sanzioni, per evitarne l’immediato impatto. La Russia è economicamente irrilevante, a livello di scambi commerciali e finanziari mondiali, non credo che le sorti di Cips (Cross-Border Interbank Payment System, sistema di pagamento cinese) dipendano dalla Russia». 

Pensa anche lei che in questo momento sia forse l’unica potenza realmente in grado di persuadere la Russia di Putin a trattare una pacificazione? 

«Credo che da un punto di vista economico e militare la Russia non abbia bisogno di persuasione a cercare una pacificazione – è chiaramente nei suoi interessi. Non credo però che Putin e il governo autocratico che presiede abbiano a cuore gli interessi della Russia. Non so cosa possa fermarlo, ma non dubito che la Cina potrà avere un ruolo in questo».

La guerra della Russia contro l’Ucraina è un cigno nero o un cigno bianco?

«Bianco, bianco. Nessuno di noi voleva crederci, ma era in manifesta preparazione da anni».                         ©