Madri in bilico, quasi fossero equilibriste, tra lavoro e organizzazione familiare. In Italia, il tasso di occupazione femminile è il 55%, oltre 14 punti percentuali in meno rispetto alla media europea e oltre 18 punti rispetto alle economie più avanzate del continente.
Madri e part-time involontario
Il lavoro part-time si rivela una soluzione comune, ma non necessariamente per scelta, con il 39,2% delle donne con due o più figli minorenni che si trovano in questa situazione. Ciò non solo limita le opportunità economiche ma implica anche una maggiore vulnerabilità e rischio di non accumulare contributi sufficienti per vivere una vecchiaia serena.
La maternità è un fattore chiave nella creazione del divario retributivo di genere. Un paper dell’OCSE del maggio 2021 ha rilevato che contribuisce per il 60% al divario retributivo di genere dei 25 Paesi europei analizzati. Il divario è aggravato da norme sociali, stereotipi di genere e discriminazioni dirette, che rappresentano il restante 40%. Questa “penalità della maternità” si manifesta con un calo del salario delle madri del 60% rispetto ai padri nei dieci anni successivi alla nascita del primo figlio.
Il calo della natalità
Di conseguenza la natalità nel nostro Paese è in calo, con solo 393.000 nuovi nati nel 2022. Questa dinamica demografica, unita all’aumento della mortalità, pone l’Italia di fronte a una prospettiva economica preoccupante. Il calo, particolarmente marcato nel sud del Paese, influenzerà l’economia a lungo termine. «Tutti lanciano allarmi sulle culle vuote, ma nessuno fa niente per prepararsi. Eppure, il processo è irreversibile», dice Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Le dimissioni “involontarie” delle madri italiane
In Italia, nel 2022, quasi 44.000 neomamme hanno lasciato la loro occupazione, spinte da condizioni lavorative inappropriate o dall’assenza di strutture di supporto come nidi. Il 63% ha indicato come causa delle dimissioni la fatica a tenere insieme l’impiego e il lavoro di cura dei figli, contro il 7,1% dei padri.
La discriminazione durante la gravidanza o la maternità costituisce una forma di violenza economica, in quanto priva le donne della sicurezza finanziaria e delle opportunità di carriera. «Prevedere un budget per il welfare aziendale è uno degli elementi fondamentali per investire nella progressione delle carriere delle donne, per conciliare maternità e lavoro», dice la giurista d’impresa Florinda Scicolone, Consigliera Direttiva Aitra e Membro del Comitato Italiano W7.
Per affrontare queste sfide, potrebbe essere necessario un approccio olistico che includa misure di supporto per le neomamme, quali servizi di assistenza all’infanzia accessibili e di alta qualità, una maggiore flessibilità lavorativa e politiche attive per promuovere l’uguaglianza di genere. ©
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