C’è un filo rosso che lega la passione dei tifosi al portafoglio dei club di calcio: quando cresce la base dei fan, aumentano le entrate. Negli ultimi anni, in Serie A assistiamo a trend che dimostrano come questo rapporto non sia più teoria, ma realtà economica.
Al termine della stagione 2024/25, il numero totale dei tifosi delle squadre di Serie A ha superato quota 25 milioni. Questo dato rappresenta l’87% del totale degli interessati al calcio, che sono circa 29,3 milioni. Rispetto a giugno 2022, quando gli interessati erano 28 milioni, si registra una crescita del 4,7% (Fonte: ricerca Sponsor Value di StageUp e Ipsos).
«Il ritmo con cui certe squadre stanno ampliando il proprio bacino di fan lascia presagire scenari economici piuttosto rilevanti», dice a Il Bollettino Saverio Sticchi Damiani, Presidente dell’U.S. Lecce. Sono numeri che possono tradursi in ricavi capaci di fare la differenza nella capacità di investimento, nell’innovazione e nella stabilità finanziaria di un club.
Le linee guida
Le fonti di guadagno più direttamente collegate all’aumento dei tifosi e del seguito sono essenzialmente 3: il giorno della partita, l’ambito commerciale (che comprende Merchandising e sponsorizzazioni) e tutta la parte legata ai media. Ognuna di esse trae beneficio dalle tifoserie, più gente va allo stadio maggiori sono le vendite di biglietti, di abbonamenti, di cibo e di gadget.
A conferma ci sono i numeri che arrivano dal calcio europeo. Nell’ultima stagione, i ricavi da Matchday (ingressi da stadio, Hospitality ed eventi collegati) sono cresciuti dell’11% rispetto all’anno precedente, superando per la prima volta quota 2 miliardi di euro per i top club (fonte: Deloitte Football Money League 2025). Al tempo stesso, un ruolo cruciale lo gioca settore commerciale, che ha un valore medio pari al 44% dei ricavi totali di una squadra di calcio.
Anche in Italia, questa tendenza non è ormai una sorpresa. I ricavi da sponsor e dalle attività commerciali sono aumentati dell’11% nella stagione 2023/24 rispetto alla precedente (fonte: Report FIGC 2025).
Juventus, Inter, Milan, Roma, Napoli, ma non solo. I recenti trend dimostrano come a crescere siano anche, e soprattutto, le realtà ormai solo all’apparenza minori. Ne è un esempio il Lecce, club con la più alta crescita di tifosi nell’ultimo anno (+10%). Un dato che non è solo simbolico, ma si traduce in maniera diretta in più abbonamenti, più Merchandising venduto, più sponsor locali e nazionali.
Sfide da affrontare
Crescita dei tifosi vuol dire certamente maggiori guadagni e possibilità di sviluppo, ma ci sono anche costi e limitazioni che possono ridurre il margine di miglioramento. In Italia, non si può non affrontare il discorso legato agli stadi, spesso obsoleti o non adeguati. Il tifo può crescere, ma se gli impianti non sono moderni, con adeguata capienza e servizi di qualità, parte del potenziale commerciale resta inespresso.
Lo stesso discorso vale anche per la gestione dei diritti TV. Aumentando i tifosi, cresce l’Audience TV e Streaming, ma poi la palla passa ai club che devono avere la capacità di negoziare questi ricavi per evitare che la fetta maggiore del valore vada al sistema collettivo della Lega o della Federazione senza ritorni proporzionali.
Infine, un ruolo spesso decisivo lo ha la fidelizzazione della comunità raggiunta. Non basta aumentare i tifosi a livello di numeri, serve tenerseli e avvicinarli ancora di più ai valori che un club vuole trasmettere. Le iniziative di Community, il coinvolgimento digitale, la presenza territoriale sono leve chiave per trasformare un interesse passeggero – magari dettato dai risultati sportivi o dall’acquisto di un grande campione – in un amore incondizionato.
E lo sanno bene anche i club protagonisti di questi risultati. Su tutti il Lecce che, confermata anche per questa stagione la permanenza in Serie A, è un esempio virtuoso di come una visione lungimirante e una strategia oculata possano essere gli ingredienti vincenti per costruire una base solida di tifo. Che si traduce, in maniera diretta, in maggiori entrate a bilancio: «Innanzitutto, io mi sono interrogato sulle cause di questa crescita e le individuo in una politica ben precisa posta in essere dal club», dice Sticchi Damiani: «io sono Presidente da 10 anni, quando la squadra era in Serie C. Da allora ho immediatamente attivato un progetto che coinvolgesse le nuove generazioni, siamo andati nelle scuole sistematicamente con i calciatori».

«A questo, ovviamente, unisco il raggiungimento dei vari risultati sportivi in questo decennio. Questi due fattori hanno portato, secondo me, a un incremento altissimo sulle fasce giovani, nonostante il nostro sia un territorio in cui c’erano, e ancora ci sono, tanti che sostengono grandi club come Juventus, Inter e Milan. Le nuove generazioni ormai sono però sempre più orientate a sostenere la squadra del territorio. Quindi colloco la crescita in questo ambito specifico, e come ritorno i risultati della campagna abbonamenti sono dei numeri che il club nella sua storia non ha mai avuto. Sono molto orgoglioso di registrarli sotto la mia gestione.
Pensate che il record di abbonati risaliva alla stagione 1985-86, che era la prima storica Serie A del Lecce 40 anni fa. Ai tempi, andare allo stadio era l’unico modo per vedere il Match perché non c’era nemmeno la possibilità delle televisioni. In quel caso gli abbonati furono 13mila. Ora, con la mia gestione, il record di quest’ultima campagna abbonamenti è nell’era delle televisioni. Quindi, nonostante ci sia anche chi può stare a casa a guardare la partita, siamo arrivati a 22mila abbonati. La crescita è clamorosa, il miglioramento del record risalente a quarant’anni fa è un dato incredibile. Le grandi novità rispetto al passato sono le nuove generazioni e le donne».
Il Via del Mare rappresenta un asset centrale: quali progetti avete sullo stadio in termini di modernizzazione, Hospitality e incremento dei ricavi da Matchday?
«Il discorso stadio è più un obiettivo raggiunto, e non una battaglia da combattere. C’è stato un grande lavoro in questi mesi, sono riuscito a far sì che lo stadio, grazie alle Istituzioni che hanno assecondato questa mia visione, rientrasse tra gli impianti che ospiteranno i Giochi del Mediterraneo nel 2026.
Questo ci ha consentito di intercettare un contributo pubblico di circa 36 milioni di euro che consentirà un profondo Restyling dello stadio, non solo strutturale ed estetico, con addirittura l’installazione di una copertura totale dell’impianto. Quindi avremo un Via del Mare che non perde quella sua storicità, perché è uno stadio che evoca storia, ma che sarà completamente riammodernato. E tutto nel giro di un anno, perché a ottobre 2026 i lavori saranno conclusi».

Le società come Atalanta e Bologna, vicine al Lecce in questa speciale classifica, hanno lavorato molto su innovazione e Scouting. Qual è la ricetta Lecce, che unisce competitività sportiva e sostenibilità economica?
«La ricetta è l’avere instaurato innanzitutto col territorio e coi tifosi un rapporto di grande credibilità e trasparenza. Anche nel dare comunicazioni che magari ai tifosi non piace particolarmente sentire. Ma noi siamo molto onesti anche nel dire quali possono essere i limiti del club, il punto oltre il quale non possiamo andare, quali sono le nostre politiche rispetto alla difficoltà di trattenere i giocatori che ad esempio fanno particolarmente bene e sono più richiesti altrove.
Quindi, portiamo avanti una trasparenza sugli obiettivi e sull’effettiva capacità di non essere facili dispensatori di sogni o di slogan come accade spesso in questo Mondo. Tutto ciò ha portato grandissima parte della tifoseria ad apprezzare un approccio così moderato e così trasparente. Dall’altro lato, c’è l’organizzazione che ho voluto dare in questi anni al club, capillare in tutte le sue aree. Dall’area tecnica, che è molto ben gestita da Pantaleo Corvino, a quella economico- finanziaria e quella del marketing. Sono tutte aree ben definite, dove c’è un giusto equilibrio tra autonomia – che è giusto riconoscere per consentire di esprimersi secondo le proprie caratteristiche – ma al contempo con un controllo puntuale, quotidiano e serrato da parte della proprietà e del CDA».
Sul tema della sostenibilità finanziaria, ci spiega meglio la “punzecchiatura” di qualche tempo fa alla Cremonese dove diceva di non puntare al giocatore svincolato, ma al colpo per il futuro che non debba necessariamente scaldare la Piazza?
«Ecco, ci tengo a precisare. Non ho espressamente nominato la Cremonese perché non è proprio nel mio stile andare a parlare degli altri. Qualcuno l’ha un po’ reinterpretata attribuendo le mie parole come riferite alla Cremonese (che nell’ultima campagna acquisti ha tesserato lo svincolato Jamie Vardy, celebre giocatore inglese arrivato dalla Premier League, Ndr). Io non amo mai parlare delle altre società, non lo trovo elegante. Ho detto, parlando in generale, che a volte la tifoseria si aspetta il nome di spicco e magari rimane delusa se prendi un giocatore giovane, meno conosciuto, magari comunque costoso, perché noi quest’anno sul Mercato abbiamo preso due giocatori come Stulic e Siebert che ci sono costati 6 milioni ciascuno, un’operazione quindi da 12 milioni in totale.
Però magari sono nomi che il tifoso non conosce. Capita spesso invece che una società vada sul Mercato degli svincolati, e prenda un giocatore col nome altisonante e a fine carriera, e così il tifoso sogna di più. Ma non facevo riferimento alla Cremonese, l’abbiamo fatto anche noi l’anno scorso prendendo Rebic ed è stata un’operazione non riuscita sinceramente. Due anni fa prendemmo Umtiti che invece fu un’operazione che riuscii. Però, in tutti e due i casi, il primo approccio dopo l’annuncio fu di grande entusiasmo nella Piazza, mentre se spendi 12 milioni, come abbiamo fatto quest’anno per due operazioni che per noi sono particolarmente onerose, passano sottotraccia perché sono giocatori che non conosce nessuno. Quindi preferiamo fare la scelta magari meno commerciale, con meno Appeal, però andando avanti sulle linee guida del club».

I dati mostrano che i risultati sportivi incidono molto sul seguito dei tifosi. Quanto conta la permanenza stabile in Serie A nella vostra strategia economica di lungo periodo?
«Credo conti molto. Spero di non dover mai fare la prova di verificare quanto la serie A impatti sulla presenza dei tifosi perché per fare questa prova avrei bisogno del club in serie B (ride, Ndr). Quindi preferisco rimanere col dubbio e dirle che immagino che ci dia tanto, però non voglio avere la controprova ecco».
Guardando al futuro: quali sono gli obiettivi a medio-lungo termine?
«Allora, se oggi traccio una linea, dico che gran parte dei miei obiettivi, che erano solo forse immaginabili 10 anni fa, sono stati già raggiunti. Perché siamo al quarto anno consecutivo in Serie A, come obiettivo sportivo. Abbiamo aperto il nostro centro sportivo di proprietà. Una novità assoluta, nella nostra storia ultra centenaria non c’era mai stato prima un centro sportivo di proprietà. Tra qualche mese avremo uno stadio nuovo. Se io faccio un bilancio di questi miei 10 anni, nemmeno nei sogni più belli avrei potuto immaginare il raggiungimento di tanti obiettivi. In prospettiva, mi piacerebbe un consolidamento ancora più forte in serie A, anche se sarà molto difficile.
Poi l’espansione del centro sportivo, lo stiamo facendo per step. Quindi mi piacerebbe completarlo in tutta la sua reale capacità espansiva fino ad addirittura otto campi, mettendoci anche il settore giovanile. E poi lo stadio, anche qui un conto è ultimare i lavori, un conto, poi, renderlo perfettamente efficiente. Sarà un qualcosa che imporrà un ulteriore periodo di sviluppo dopo la fine dei lavori. Mi pongo questi tre ulteriori step, che sono delle importanti appendici di obiettivi già raggiunti». ©
📸Credits: Canva e U.S. Lecce
Articolo tratto dal numero del 15 ottobre 2025 de Il Bollettino. Abbonati!
