sabato, 7 Dicembre 2024
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L’AI non è intelligente e non rappresenta un pericolo per l’uomo. Ora che ChatGPT ha aperto la strada, gli investitori sono sempre più attratti dal potenziale dell’Intelligenza Artificiale, ritenuta da molti un asset fondamentale per il futuro. In particolare, le aziende decidono di ricorrere a chatbot per semplificare e velocizzare i loro processi. Secondo alcune ricerche 250 imprese innovative su 1000 hanno già implementato ChatGPT. Le entità che già ricorrono a questo software se ne servono per la scrittura di codice (66%), il copywriting e la creazione di contenuti (58%), ma anche per l’assistenza clienti (57%) e perfino per riepilogare le riunioni (52%). Ma la sempre maggiore diffusione di programmi e servizi basati sull’Intelligenza Artificiale aumenta i timori riguardo le conseguenze negative di queste applicazioni. Paure che, per gli addetti ai lavori, sarebbero infondate.

«Le problematiche maggiori arrivano da noi stessi: il rischio principale è confondere uomo e tecnologia. Se preserviamo le nostre competenze, le individualità e unicità, la macchina sarà al nostro servizio. D’altronde, non ha senso entrare in competizione con l’AI. Dobbiamo invece comprendere come usarla al meglio. Ad esempio, uno dei benefici principali è la possibilità di usare la macchina per fare previsioni», afferma Massimo Chiriatti, membro della commissione di alti esperti nominati dall’ex Ministero dello Sviluppo economico per elaborare la strategia nazionale in materia di tecnologie sui registri condivisi e sulla blockchain e autore del libro Incoscienza artificiale.

AI chiriatti

Come fanno le macchine a prevedere per noi?

«La relazione tra l’essere umano e la macchina è fondamentale. Il focus di questo libro è incentrato su come noi decidiamo, come usiamo la macchina. Ma quali temi vengono fuori quando la lasciamo scegliere per noi? Studiando la macchina mi sono reso conto che non è intelligente. Se fa soltanto moltiplicazioni di matrici come può esserlo? Certo, non abbiamo una definizione unica di intelligenza e quella che utilizziamo è notoriamente sbagliata. È nata negli anni 50 per raccogliere fondi di ricerca ma ormai è entrata nel linguaggio comune, se non la usi non vieni compreso. Secondo me l’AI è incosciente, in quanto stabilisce correlazioni statistiche tra i dati ma non riesce a comprendere, individuare la relazione tra causa ed effetto. Non è in grado di fare esperienza né di immaginare qualcosa che non ha visto. Noi invece possiamo allargare il contesto, capire cosa sta avvenendo, di emozionarci».

Lei scrive che per sapere come funziona l’AI bisogna avvicinarsi e guardarle dentro. Per sapere come usarla, invece, dobbiamo allontanarci, sia nel tempo sia nello spazio. Quali sono le conseguenze dell’applicazione di questa tecnologia?

«Le prime conseguenze riguardano il mondo del lavoro. Chiariamo che l’AI non può fare tutto. Dobbiamo guardare i limiti e i rischi per capire cosa è veramente in grado di fare. È opportuno che la macchina continui a lavorare per noi. Per rendersene conto, basta chiedere se qualcuno vorrebbe fare oggi il lavoro che fa una macchina. Ma chi vorrebbe fare la calcolatrice? L’Intelligenza Artificiale può svolgere per noi compiti ripetitivi. Inoltre, apre la strada a nuovi mestieri, come è successo per Internet. Probabilmente in futuro delegheremo tutte le attività di questo tipo. Tuttavia, oggi è difficile quantificare i lavori che creeremo così facendo. Ci sono poi altre conseguenze. Ad esempio, se parliamo di ChatGPT, è un sistema che non fa altro che aggiungere parole sulla base di quello che c’è scritto prima facendo un’analisi statistica. Applicata alla scrittura funziona bene da un punto di vista sintattico, mette in relazione le parole. Tuttavia, non riesce a comprendere la semantica, il significato delle parole nella realtà. Di conseguenza, riesce a scrivere bene dal punto di vista stilistico, ma a volte scrive cose del tutto false, perché può leggere fake news e non è in grado di discernere. Qui entra in gioco l’essere umano, responsabile di dare un giudizio».

Intelligenza Artificiale AI

Tornando al mondo del lavoro, sono giustificate le preoccupazioni di diversi professionisti, soprattutto in ambito artistico e creativo, riguardo il fatto che l’AI possa sostituirli?

«Anche i lavoratori creativi stanno cambiando. Se tu dai le indicazioni a una macchina, uno spunto, questa riesce a fare un disegno quasi perfetto. Ragion per cui diventa sempre più importante imparare ad usare questa tecnologia al fine di dare l’input corretto per eseguire il lavoro richiesto. Se impariamo a usarla bene la tecnologia ci aiuta sempre».

A che punto siamo, invece, con la regolazione dell’AI?

«Mi sembra che qualcosa si stia muovendo. Ogni innovazione tecnologica ha bisogno di un cambiamento culturale e politico. Pensiamo all’assicurazione obbligatoria per le autovetture, un’innovazione nata per regolare l’utilizzo del mezzo che ha sostituito le carrozze…».

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Quali benefici economici può portare una sempre maggiore diffusione di servizi e programmi basati sull’Intelligenza Artificiale?

«Uno dei benefici principali è la possibilità di usare la macchina per fare previsioni. Infatti, grazie alla base dati che ha letto, può aiutare a prevedere i trend di mercato. Uno strumento che può tornare utile agli imprenditori per definire la propria strategia. Se hai sistemi che sono basati su dati di buona qualità, se hai il talento tecnico nella tua azienda per usarli e sai interpretare i risultati, avrai grandi benefici. Un esempio riguarda le stime sulla domanda di beni e servizi. Oggi l’AI permette di fare previsioni e analisi che prima risultavano troppo costose per molte aziende».

Anche l’impatto sull’ambiente delle ultime innovazioni è un tema da non sottovalutare, per non vanificare il percorso di transizione ecologica. Vero è che molte tecnologie aiutano a velocizzare ed efficientare i processi, riducendo consumi energetici ed emissioni. Quale bilancio ambientale emerge dall’analisi rischi-benefici?

«L’Intelligenza Artificiale consuma energia per quello che si chiama il training, l’addestramento neurale. È un dato di fatto, però la storia ci ha insegnato che anche i primi motori consumavano molto ed erano poco efficienti. Oggi invece stiamo ottimizzandoli e lo stesso succederà nell’AI. Dobbiamo mettere insieme le esternalità. Dobbiamo affrontare questi temi come un ecosistema».

brain

Come l’uomo può governare la tecnologia e non divenirne schiavo?

«Molti dicono che l’essere umano è in pericolo a causa dell’Intelligenza Artificiale, questo spaventa. Non vedo questo pericolo, penso invece che i problemi più grandi vengano proprio da noi stessi. È fatica sprecata cercare di competere con la precisione di una macchina. Dobbiamo comprendere che ci troviamo su livelli differenti. L’ostacolo nasce quando ci convinciamo che essa sia intelligente e pensiamo di seguire ogni sua indicazione. In quel momento siamo in pericolo. L’errore è provare a pensare come una macchina, invece di riconoscere la nostra diversità. Ragionando ci si rende conto che questa non ha buon senso. Noi invece possiediamo tutte queste caratteristiche, che la macchina non può avere. Ma se preserviamo le nostre competenze, le nostre individualità e unicità, la macchina resterà al nostro servizio». ©

Articolo tratto dal numero del 15 aprile 2023 de il Bollettino. Abbonati!

Il mio motto è "Scribo ergo sum". Laureato in "Mediazione Linguistica e Interculturale" ed "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, mi sono specializzato in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di Mercati, spazio e crypto.