lunedì, 29 Aprile 2024

Agricoltura senz’acqua per combattere la piaga della fame

Sommario

Crescono le persone che soffrono per la fame. Sono circa 735 milioni nel mondo, con un aumento di 122 milioni rispetto a prima della pandemia (FAO, report 2023). E a complicare ulteriormente le cose, ora ci sono anche le guerre in Ucraina e a Gaza. Diventa a maggior ragione fondamentale affrontare il problema con prospettive e metodi nuovi. «L’agricoltura aeroponica (comparto che vanta una serie di player ambiziosi come Planet Farms e Agricola Moderna, ndr)rappresenta un notevole risparmio di spazio», dice Roberto Dafarra, Partner di La Fattoria di Pol.

«Un esempio? Ciò che normalmente richiederebbe 100 ettari con i metodi tradizionali, può essere realizzato su 3-4 ettari. Questo significa maggiore sostenibilità e maggiore efficienza, oltre a una produttività più alta. Possiamo raggiungere i 55-60 kg per metro quadrato all’anno, con punte anche superiori, a fronte dei 7-8 kg della coltivazione tradizionale».

Quali sono i vantaggi di questa tecnica?

«L’agricoltura aeroponica è un’innovazione nel settore agricolo che permette di coltivare piante senza l’uso di suolo o acqua, a differenza delle tecniche tradizionali e di quelle idroponiche. In questo sistema, le radici delle piante sono sospese nell’aria e irrorate con una soluzione nutritiva all’interno di un ambiente chiuso, tipicamente una serra. I risultati sono impressionanti: rispetto alla coltivazione tradizionale, l’agricoltura aeroponica consente di risparmiare il 98% di acqua, evitare l’utilizzo di pesticidi e ridurre l’uso di fertilizzanti di oltre il 60%. Questo metodo di coltivazione è insieme più ecologico e più sano, poiché il prodotto finale è privo di nichel e altri metalli (cui circa il 30% della popolazione è allergica), mentre l’inquinamento è notevolmente ridotto grazie alla coltivazione in ambiente chiuso. Inoltre, dato che i prodotti crescono senza entrare in contatto con la terra, necessitano di meno acqua per la pulizia. Essendo un’azienda agricola biologica impegnata nella rigenerazione del terreno con l’uso di microrganismi effettivi, siamo consapevoli che le sfide ambientali, come le piogge acide o l’inquinamento delle falde acquifere, possono contaminare i prodotti della terra. Per questo motivo, l’agricoltura aeroponica rappresenta una forma di resilienza. Permette di utilizzare il vertical farming, ovvero la coltivazione su più livelli in altezza, consentendo di sfruttare al massimo lo spazio disponibile. Questo modello, se accompagnato da un efficientamento energetico, rappresenta il futuro del settore agricolo. Non solo migliora le condizioni di lavoro, evitando agli agricoltori di doversi piegare, ma consente anche di sfruttare le economie di scala e ridurre i costi per unità».

In che cosa consiste il vostro progetto?

«La Fattoria di Pol è una fattoria 2.0 che produce il 70% coltivazione aeroponica. Quindi, prodotti della terra in aeroponica e si è concentrata sulla coltivazione del basilico e altri prodotti, che poi vendiamo ai ristoratori e ai pastifici. Le piantine coltivate in questo modo sono apprezzate perché già pulite e, nel caso del basilico, ossida meno velocemente del prodotto coltivato a terra».

La tecnologia necessita ancora di tanta ricerca e sviluppo, perciò le aziende non sono ancora produttive da un punto di vista economico. È ottimista per il domani?

«Credo che il futuro dell’agricoltura risieda anzitutto nei principi ESG (Environmental, Social, Governance) che, dal 2030, saranno obbligatori per tutte le imprese. Ma l’aeroponico può avere grandi vantaggi non solo ecologici, ma anche economici. Per esempio, abbiamo sviluppato un modello di business da promuovere nella Green Logistic Valley, replicando il modello della Fattoria di Pol in Valpolcevera. Così, abbiamo concepito una Farm 2.0, un’evoluzione su larga scala della Fattoria di Pol, ancora più efficiente e automatizzata. Questo modello sfrutta le economie di scala e risponde pienamente agli obiettivi ESG, risultando estremamente interessante per soggetti privati. Non per niente, abbiamo ricevuto interesse da vari settori, tra cui private equity, fondi di investimento e Grande Distribuzione Organizzata (GDO). Il nostro obiettivo è quello di creare un “polmone verde” nella valle, che noi riteniamo svantaggiata, per certi versi. Questo “polmone” sarà un luogo dedicato alla ricerca, allo sviluppo e alla formazione. È la dimostrazione che il nostro modello di business, oltre a rispettare i principi ESG e a fornire formazione, è anche sostenibile dal punto di vista finanziario ed economico. Grazie a questa tecnologia, è possibile coltivare  perfino all’interno di container adeguatamente allestiti. Il vantaggio è che i “contenitori” sono trasportabili agevolmente in tutto il mondo. Il che torna utile in caso di emergenze o calamità naturali».

Questa coltivazione in container richiede molta energia elettrica, per alimentare l’illuminazione al LED e i nebulizzatori?

«Al livello tecnologico attuale non si è ancora raggiunto la piena efficienza energetica, poiché se ne consuma molta. Ma se l’energia solare fosse sufficiente o qualora fosse integrata con altre forme, il sistema sarebbe totalmente Green. Non siamo gli unici a lavorare su questo; si stanno già esplorando opzioni come un tetto a ventaglio che possa aumentare la superficie per l’assorbimento solare. Continuiamo a fare progressi in quest’area, sottolineando l’importanza di utilizzare i container dove sono necessari, anche in modo itinerante, per dimostrare l’efficienza di questo tipo di coltivazione. È fondamentale affiancare a questo un approccio di miglioramento dell’efficienza energetica. Pertanto, collegare il container a impianti fotovoltaici, geotermici o altre fonti di energia rinnovabile è l’ideale. Speriamo di raggiungere l’obiettivo della piena efficienza grazie ai fondi del PNRR e altri fondi dell’UE, che stiamo cercando di sfruttare per migliorare anche l’efficienza della Fattoria di Pol».

Le normative europee in materia incentivano lo sviluppo del settore?

«Sì, il Next Generation Act e il PNRR sono esempi di sostegni finanziari sia diretti che indiretti erogati dall’Europa. Ci troviamo di fronte a un’ampia disponibilità di fondi che si orientano verso la sostenibilità e la digitalizzazione. Il nostro obiettivo è di utilizzare questi strumenti per accelerare il recupero degli investimenti, che al momento sono considerevoli. Sappiamo tutti che un impianto di riscaldamento geotermico ha un costo elevato, ma è altrettanto noto che questa è la direzione da seguire. Gli strumenti per farlo, quindi, esistono. Stiamo cercando di combinare i fondi del private equity con quelli del Next Generation EU per sviluppare la nostra farm 2.0. Invitiamo le istituzioni pubbliche a partecipare, o almeno a dare il loro consenso al progetto, mostrando che esiste un solido business case, non solo dal punto di vista della sostenibilità, ma anche economicamente. La speranza è anche che gli attori privati, come i fondi di private equity e la grande distribuzione organizzata (GDO), investano nel settore. Le aziende della GDO, che vendono prodotti su scala nazionale, sono particolarmente interessate, perché è un’innovazione che le tocca da vicino».

Quanto può costare indicativamente un impianto aeroponico?

«Il costo stimato – sulla base di un nostro progetto – per un’area di mille metri quadrati va tra i 280.000€ e i 300.000€. L’investimento è destinato a diminuire nel tempo, soprattutto considerando l’alto impatto dell’efficientamento energetico. Fin dall’inizio della nostra iniziativa, siamo partiti dalla base, permettendoci di essere creativi nel processo. Questo ci ha dato la conoscenza necessaria per migliorare ulteriormente l’idea di partenza. I nostri dati iniziali sono stati sorprendenti. Due anni fa, abbiamo iniziato le attività, raggiungendo un rendimento di 20-25 kg per metro quadrato all’anno. Da allora, abbiamo incrementato la nostra produzione, raggiungendo 35-40 kg per metro quadrato, e quest’anno siamo facilmente andati oltre i 55-60 kg per metro quadrato. Questo è un enorme miglioramento rispetto ai 7-8 kg per metro quadrato ottenuti con il metodo tradizionale. Un elemento che richiede un’attenta considerazione sono le canaline, che noi vogliamo brevettare e realizzare in modo sostenibile.  Crediamo che questo sia un passo importante verso il futuro».

Quali sono i Paesi leader nell’agricoltura aeroponica?

«Israele e alcuni Paesi del Nord Europa sono all’avanguardia. Ma, da quanto sappiamo, gli inventori di questa tecnica sono gli americani. La tecnologia era stata originariamente studiata dalla NASA per l’uso nello spazio, dove l’acqua e la terra sono assenti. Successivamente, Israele ha sviluppato notevolmente quest’innovazione. Attualmente, esiste un crescente interesse per le coltivazioni aeroponiche nei Paesi arabi e del Nord Africa, regioni caratterizzate da abbondanza di sole, povertà diffusa e scarsità d’acqua. Senza dubbio, l’implementazione di queste coltivazioni avrebbe un impatto significativo in tali aree».

Quali sono le prospettive di crescita?

«Esponenziali. Con questo non intendo dire che sostituirà l’agricoltura tradizionale, rivestirà un ruolo complementare. Questo metodo di coltivazione risponde alle crescenti necessità mondiali, considerato l’aumento dell’interesse per il biologico, in particolare nelle regioni più vulnerabili, dove la povertà è in aumento. L’aeroponica ci permette di sostenere una domanda in rapida ascesa per via dell’aumento della popolazione, facendo fronte a bisogni urgenti. Non va vista come una minaccia per i marchi italiani rinomati e apprezzati in tutto il mondo, ma come un’aggiunta valida ed efficace». ©

📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 novembre 2023. Abbonati!

Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “il punto sui Mercati”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]